Cervello in Tilt

Il Bugiardo Presunto Sano

5 Marzo 2018

Il Bugiardo Presunto Sano

L’amore, la bugia e la giusta distanza

di Stefano Michelini

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[ Stefano Michelini ]

Abbiamo cominciato il percorso sul significato fisiologico della bugia la settimana scorsa con il contributo, le origini della bugia, che seguiva una storia vera, raccontata da una nostra insider.

Il denominatore comune di una bugia in amore o in qualsiasi altro settore della vita, sembra essere un innato meccanismo difensivo legato alla sopravvivenza; a una strategia già predisposta al momento della nascita che s’innesca e si esprime nel momento in cui - a ragione o a torto – è necessario difendersi: in modo innocente in un bambino o vigliaccamente in un adulto.

In ogni caso è un pozzo alchemico presente nel cervello dalla nascita e non zampillante a posteriori, per acquisizione. E l’utilizzo della bugia progredisce con la maturazione cerebrale fino a diventare, nel bugiardo patologico, la vera e propria realtà.

A questo punto della trattazione della bugia, non disponendo di dati scientifici certi ma di evidenze sociali diffuse, prendiamo l’amore e la sopravvivenza di un amore o della vita, come campo ideale per incrociare un altro elemento strettamente correlato alla bugia, ma anche del tutto indipendente: la Giusta Distanza.

Il concetto di Giusta Distanza deriva da un’analisi dettagliata dei fatti, che in un presunto sano è spesso offuscata da sintomi, anche minimi, di ansia, ossessività, invidia, depressione. Questo innesca la bugia, sia in amore, sia in ogni attività e in ogni altro rapporto relazionale.

La Giusta Distanza, che consente un oggettivo rapporto tra soggetto e attività bramate, non è una funzione compromissoria che concede il quieto vivere, ma la più alta forma di amore e valutazione cognitiva di un’attività. 

Saper amare significa stringere o allungare la distanza dalla persona amata, a seconda dei suoi bisogni espliciti. Sapere ottimizzare la propria penetranza in un’attività lavorativa, significa non esserci addosso ossessivamente quando non serve o esserne distanti quando invece dovremmo esserne vicini.

La valutazione erronea di questo concetto è un innesco chiave alla bugia consapevole o inconsapevole che sia. 

La percezione raffinata della Giusta Distanza, presupposto del non ricorso alla falsità come meccanismo difensivo, si acquisisce nel tempo, con la maturazione cerebrale dei lobi frontali del cervello, adibiti alla valutazione oggettiva della vita. Se tutto scorre dietro sottili veli di omissione, i lobi frontali sanno fare il loro lavoro. Se annaspano, siamo fuori giri.

In amore e in qualsiasi attività non dobbiamo mai trovarci “nella terra di nessuno” in cui non siamo né carne né pesce, perché altrimenti ci ritroviamo in quel territorio franoso in cui si perdono le coordinate spazio-temporali e affettive, creando l’humus ideale per dire la prima cosa che ci viene in mente argomentandola con una bugia singola o facendo della bugia l’unico modo di comunicare.

Sembra questo un problema etico di poco conto, perché lo circoscriviamo nell’ambito dei tre metri della nostra esistenza; ma se contempliamo il sistema economico, politico, delle banche e dell’economia in generale, capiamo che stare nella terra di nessuno è deleterio: o si è bugiardi fino in fondo come il mondo politico o si è sinceri fino in fondo, assumendosi le responsabilità di ciascuna posizione assunta. 

Il problema è che non siamo quasi mai così solidi da tenere una posizione definitiva, forse perché sarebbe contraria alla sopravvivenza della specie, dato che la rigidità in una posizione determina una rissa continua o un odio sommerso, che rende impossibile la qualità della vita.

Il ruolo della bugia, in un presunto sano, diventa quindi un ruolo sociale fisiologico, non compromissorio, ma funzionale al fluire degli eventi.

Esteticamente non è bello, ma dobbiamo arrenderci a questa evidenza. Soprattutto non nascondendoci dietro il dire sono sincero, quando ci sono verità facili da dire o quando siamo colti sul fatto.

Il cervello è funzionale alla conservazione di se stesso e della persona che lo contiene: che il suo agire faccia di quella persona una bella o una brutta persona, al cervello poco importa. I neuroni fanno ciò che conviene loro. Noi siamo i loro burattini.