Cervello in Tilt

Superficialità

15 Febbraio 2018

Superficialità

Babino lo sciocco

di Stefano Michelini

‹ INDIETRO

Audio-lettura della fiaba "Babino lo sciocco" di Lev Tolstoj

 

 

 

Babino o della spontaneità recisa

[ Commento di Leonardo Castellucci ]

 

 

È indubbiamente sciocco il povero Babino, di una sciocchezza irrimediabile perché priva di capacità d’analisi e perfino di quel minimo di spicciola furbizia che serve per pararsi almeno da qualcuno dei tanti ostacoli che la vita ci mette davanti.

Povero Babino, non è solo superficiale ma la sua dabbenaggine è quasi irritante, verrebbe da concludere, dopo aver letto le sue disavventure, che la madre aveva invano cercato di evitargli, insegnandogli i primi accorgimenti da adottare per interpretare la vita attraverso il dato basilare di un’accorta e calcolata mediazione.

Ma provando ad analizzare i suoi continui inciampi, da cui esce ogni volta malconcio e frustrato, viene da rilevare il dato di criticità che porta fuori strada quella sua buffa mente, ancora incapace di elaborazione: senza il primo intervento della madre, infatti, che gli “insegna” a interpretare l’augurio da inviare a coloro in cui s’imbatte, secondo il diverso contesto che gli si pone davanti, viene da credere che il nostro protagonista nei seguenti incontri di certo se ne sarebbe uscito con quel suo primo, innocuo e veramente suo: «che Dio t’aiuti» augurio che, diavoli a parte, tutti gli altri avrebbero gradito! È la madre, dunque, che avrebbe dovuto invitarlo a continuare in quel suo spontaneo, gioioso dire, senza interferire con insegnamenti “calcolati”, che il bambino non era ancora pronto a recepire.

Leggendo la fiaba da questa prospettiva, Babino non appare adesso più così scioccamente superficiale, sembra piuttosto una delle tante vittime del sistema di relazioni degli adulti. Relazioni che gli sono ancora ignote e che stenta a imparare, andando in tilt, con conseguenze per lui assai pesanti visto che, dopo aver fallito ogni tentativo a causa di un’intermittenza (quella madre) che spezza la sua condizione di spontaneità, si chiude in una paura relazionale che lo costringe alla tristezza e al silenzio, alla frustrazione e alla rinuncia. L’ingrato destino dei diversi o dei presunti malati che non hanno né strumenti, né armi sufficienti per difendersi dal sommario, spietato o peggio, a volte pietoso, giudizio dei “presunti sani”.