Cervello in Tilt

Relazioni Complicate

3 Dicembre 2017

Relazioni Complicate

Mobbing

di Stefano Michelini

‹ INDIETRO

Il ricorso ad inglesismi, per tradurre concetti o modalità inaccettabili è un classico italiano, come la pizza di Napoli. In inglese tutto risulta più scientifico e lecito. Il mobbing è, in realtà, un’associazione a delinquere legittimata. 

Le variabili che accerchiano, immobilizzano e mandano in profonda crisi psicologica una vittima sono infinite e soprattutto soggettive. Sarebbe molto più comprensibile licenziare per giusta causa un dipendente non produttivo, piuttosto che incrinare progressivamente le sue certezze e la sua solidità psicologica. 

Questa relazione complicata è tipica e si va sempre più evolvendo nella tecnica, che porta la vittima del mobbing all’assoluta alienazione e disperazione, se non sorretta da professionisti. 

In sequenza logicistica, anche i membri della famiglia della vittima vengono coinvolti dalla vittima stessa nel dramma di una sua presunta incapacità, dichiarata dagli altri e alla frustrazione dettata dalla precarietà della propria posizione lavorativa ed esistenziale. Il dramma di uno diventa il dramma di tutti.

Si tratta di un’associazione a delinquere, perché l’evoluzione della dinamica, non permette più un’azione uno contro uno, tra un dirigente e un subordinato. La responsabilità della condotta delinquenziale di un dirigente è ora frazionata in piccolissime percentuali, suddivise con gli altri dipendenti, ricattati direttamente o indirettamente o semplicemente pavidi e timorosi di mettersi in cattiva luce nei confronti della proprietà.

Improvvisamente, la vittima si trova sola, cerca conforto in chi, fino al giorno prima, è stato un confidente fedele. La sorpresa è quella di trovare un muro di gomma, che rimane in una posizione neutra e di nessun supporto, se non addirittura schierata apertamente con l’aguzzino. 

La vittima, in breve tempo, capisce di essere stata scientificamente isolata ed entra progressivamente in uno stadio di frustrazione progressiva, spesso illusa da legali, che in buona o cattiva fede, assicurano che l’azione terroristica avrà un termine con un risarcimento cospicuo o con la fine dell’aggressione.

Questo esito positivo, nella mia professione ventennale, l’ho visto accadere una solo volta, probabilmente grazie alla sfortunata combinazione di un tumore altamente maligno della vittima, che ha rinforzato il suo potere legale e messo al muro alti dirigenti.

La stupidità di chi ancora sfrutta il mobbing come manovra di liquidazione di persone non gradite non ha limiti: ormai non si rendono conto che, alle convocazioni improvvise della proprietà, le vittime portano registratori, utilizzano gli smartphone, grazie ai quali un avvocato serio, non ammanigliato con l’azienda mobbizzante, può esibire al giudice conversazioni aggressive per contenuto e modalità. Non solo, ma sempre più spesso le vittime, richiedono subito un aiuto di figure professionali come uno psicologo o uno psichiatra che struttura, in modo migliore, l’atteggiamento mentale e pratico da tenere. 

Nonostante questo, la morsa velenosa, prevale quasi sempre, fino a quando la vittima non cede con le dimissioni o per licenziamento in seguito a banali errori. Questo implica un un’organizzazione capillare ancora più ampia di una semplice associazione a delinquere, in quanto necessita un apparato di garanzia sindacale e legale non efficiente. 

Molti dei miei pazienti, paradossalmente, hanno trovato pace, al termine della tortura, dell’isolamento e della precarietà, con il licenziamento o le dimissioni. Hanno preferito affrontare l’incertezza economica piuttosto che l’umiliazione e la costanza della violenza psicologica esercitata da chi un mese prima ti sorrideva.

Questo sistema non è destinato a durare, secondo me, psichiatra e conoscitore delle evoluzioni e involuzioni dell’animo umano; chi utilizza una violenza gratuita così approssimativa, va avanti solo perché è protetto politicamente. Ma verrà il momento, che esseri umani più disperati o più coscienti, inizieranno una qualche forma di reazione intessuta sullo stesso piano del mobbing. Questo fenomeno cesserà fino a quando alla violenza gratuita si reagirà non con gli avvocati, ma con la legittima difesa.

Paradossalmente, i motivi per cui una singola persona è mobbizzata è infatti legata a futili motivi, come invidia, paura di essere scavalcata nella scala gerarchica, antipatia personale, relazioni sentimentali incrociate, amicizie con la dirigenza che permettono un potere fittizio. 

Una grande azienda che ha bisogno di ridurre l’organico per motivi economici intraprende azioni diverse dal mobbing, in accordo con lo stato ad un livello diverso di patteggiamento e con altri strumenti.

Il mobbing nasce come un fenomeno etologico di aggressività:  animale contro animale. L’uomo presunto essere pensante non si è evoluto: homo homini lupus, l’uomo è lupo per un altro uomo è ancora la nostra realtà.