Cervello in Tilt

Relazioni Complicate

11 Dicembre 2017

Relazioni Complicate

Linee Guida Anti Mobbing

di Stefano Michelini

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Le mie linee guida anti-mobbing, elaborate e messe in atto con i pazienti già in condizioni di forte disagio patologico, sono più pratiche di quelle del collega, perché devo intervenire subito:

  1. Verifica in ambulatorio, se la condizione di mobbing è vera o dettata da una vulnerabilità individuale alle critiche
  2. Se si tratta di una particolare vulnerabilità alle critiche, terapia psicologica cognitivo comportamentale specifica con monitoraggio a giorni alterni e reperibilità quotidiana
  3. Se è ormai in atto una sintomatologia di qualsiasi tipo che causa sofferenza a sé e agli altri, diagnosi e terapia farmacologica e psicologica cognitivo-comportamentale con monitoraggio e reperibilità quotidiane. In questo caso lo specialista deve prescrivere un periodo di riposo e cura, variabile a seconda della situazione, per tenere lontano la mobbizzata dai mobbers.
  4. La prima prescrizione da dare è non parlare con nessuno della situazione, né colleghi, né parenti anche stretti, ma solo con lo specialista, per evitare un effetto domino di disagio.
  5. Appena i sintomi si attenuano, supporto nel fare intraprendere le seguenti azioni: prove con registrazione, prove di demansionamento senza causa, dichiarazione firmate da colleghi solidali, lista dei mobbers che gestiscono il mobbing e lista dei loro subordinati che esercitano mobbing per sottomissione.
  6. Se il mobbing proviene da una grande azienda rendersi conto se la proprietà o la dirigenza è al corrente dell’azione di mobbing. Accade spesso che il mobbing è circoscritto ad un reparto e il vertice, compreso responsabile delle risorse umane non ne sa niente. Una faccenda privata.
  7. Individuare il migliore avvocato del lavoro quando ormai si hanno prove certe del mobbing in atto e seguire le sue istruzioni, monitorando la velocità, la tempestività e il livello possibile di collusione anche amicale dell’avvocato con l’azienda
  8. Studiare una strategia parallela con lo specialista, una sorta di piano B, per evitare una drastica e sfavorevole interruzione del rapporto di lavoro
  9. Valutare a distanza di un mese massimo, il risultato delle azioni intraprese e prendere adeguate contro misure
  10. Se il rapporto di lavoro termina per licenziamento senza giusta causa, perpetrare l’azione legale, cambiando avvocato del lavoro.
  11. Se la situazione di mobbing è degenerata in un licenziamento, che ha turbato gravemente l’equilibrio personale e relazionale, ma il mobilizzato è comunque in buona salute mentale per le terapie tempestive alle quali si è sottoposto, deve essere pronto ad assumersi le responsabilità che rimangono: una violenza psicologica è già di per sé un grave atto lesivo anche se perpetrata in un rapporto 1:1 come nello stalking. Se poi c’è un’associazione a delinquere, a perpetrare la violenza il danno è ancora più grave perché concertato. La violenza psicologica protratta e deliberata non è affatto diversa dalla violenza fisica, per cui tutto diventa lecito verso chi ci ha interrotto un flusso vitale: una contro-violenza psicologica ben organizzata con un attenta ricerca degli scheletri nell’armadio di ciascuno con conseguenti colloqui singoli con i vari mobbers; una violenza fisica contro chi ci ha sostanzialmente sparato: se siamo in una guerra bisogna combattere come in una guerra: tu mi fai del male io lo faccio a te. Basta con i buonismi se uno non può permettersi una sussistenza dignitosa per sé e per i figli.
     

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