Cervello in Tilt

Psico Art

6 Gennaio 2019

Psico Art

Viana do Castelo

di Massimo Vannucci

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Non avevo idee su cosa dovessi aspettarmi. 

Mi affiancarono ad un ragazzo per cablare una piastra. M’insegnò come dovevo fare.

Nel 2014 mi fu proposta una trasferta in Portogallo.

Accettai con entusiasmo.

La settimana successiva ero in viaggio con l’auto aziendale; Alvin alla guida.

Appena valicati i Pirenei, ci fermammo per la notte.

Nel primo pomeriggio eravamo a destinazione.

Subito un giro in auto per visitare i luoghi notevoli, poi una sosta davanti l’oceano atlantico.

Doccia. Cena.

“Buonanotte. Ci vediamo domattina.”

Ma ero così poco stanco!

Non avevo mai guidato.

Tanta voglia di muovermi.

Uscii dall’albergo, in pantaloncini corti, scarpe senza calzini.

Attraverso il ponte Eiffel tornai a Viana e feci nuovamente il giro delle piazze che avevo visitato con Alvin. 

C’erano dei monumenti assai carini, e li osservai attentamente.

Quindi tornai indietro. 

Ma oltrepassai l’albergo. 

Volevo rivedere la cartiera in cui sarei entrato l’indomani.

Ci passai davanti, non c’era molto da osservare.

Viceversa, sentivo un piacere enorme nel camminare così: di notte, in riva all’Oceano Atlantico, fuori dall’auto in cui avevo passato un lungo tempo di costrizione. 

Alvin non mi ha mai fatto guidare. 

A me non dispiaceva affatto. 

Giunto ad una rotatoria presi la direzione per una città il cui nome mi ricordava Barcellona.

Camminai un po’. Non vedevo troppo lontano a causa dell’oscurità, ma avevo l’impressione di essere in campagna.

Arrivai in una città.

Con mio grandissimo stupore, riconoscevo le piazze, che erano uguali, mentre i monumenti erano completamente differenti.

Mi sembrava l’effetto allucinogeno di un cartone.

Ma, assolutamente, non ne avevo ingeriti.

Continuavo a girovagare. Finalmente incontrai degli esseri viventi. 

Era un gruppo di ragazzini che tornava da una festa.

Partii in inglese ma mi accorsi subito che non erano molto abili con quella lingua. In Italiano, sembrava capissero di più, se fossi andato lentamente con la pronuncia.

Riuscì a spiegare il fatto.

Non trovavo più l’albergo.

Mi accompagnarono davanti ai tre alberghi della città. 

Nessuno ovviamente era il mio.

S’era fatto molto tardi: loro rincasarono in taxi. 

Trovai un cimitero al limitare dell’aggregato urbano.

Accanto al cancello c’era una targa con scritto “Cimitero Monumentale”, in portoghese, ovviamente.

Pensai che fosse un luogo contemplato da Google Map.

Alle cinque di mattina non potevo svegliare Alvin, avrei dovuto contattarlo successivamente.

Poco prima delle 7:00 telefonai e dichiarai d’essermi perduto in un posto indefinito. Unico appiglio il “Cimitero Monumentale”. 

Verso le 9:00 chiamò Alvin rassicurandomi: luogo individuato. Avrei dovuto attendere tutta la mattina poiché aveva da organizzare le strategie di lavoro con i referenti.

Intorno alle 14:00 arrivò la tanto sospirata macchina bianca con cui avevo viaggiato. Non ci furono commenti e questo mi tranquillizzò.

Arrivato a Darque, andai in farmacia a comprare un tubetto di vaselina e un flacone di mercuro cromo per medicarmi i piedi rovinati dalle bolle.