Cervello in Tilt

Problema Cibo

2 Maggio 2018

Problema Cibo

Viaggio al centro della terra: dall'obesità a me

di Insider Anonima

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Ho sempre vissuto al 30 per cento.

 

Posto giusto.

 

Momento giusto.

 

Peso sbagliato.

 

In ogni situazione, dall’adolescenza a qualche tempo fa, il mio “peso sovrappeso” è stato sempre il mio compagno di vita.

 

La mia vita ha sempre ruotato intorno al peso.

 

il mio fare e disfare a secondo del peso del momento, oscillando dagli 88 Kg dei 14 anni fino ai 147.5 kg, tornando poi nei successivi 30 anni tra alti e bassi ai 72.4 kg di questa mattina 16 Aprile 2017. 

 

Nuovi incontri, nuovi stimoli.

 

Ho cominciato a guardarmi in un modo diverso.

 

Con gli occhi  di qualcuno che tiene a me.  

 

Sono una nuova me e non è cambiato solo l’involucro: è cominciato a cambiare anche il contenuto.

 

Unico punto fermo della mia vita, che non ha subito alterazioni dovute al mio agire da yo-yo è sempre stato l’amore viscerale per la mia famiglia e l’amore immenso per il mio lavoro: stimolo e gratifica per l’anima senza pari.

 

Sono una persona fortunata, anche se qualcuno mi dice che la fortuna non esiste.

  

Ho sempre avuto una famiglia numerosa, capitanata da donne di rilievo grandi lavoratrici e madri meravigliose. 

 

A loro devo la mia determinazione, il mio dare sempre il meglio agli altri, tranne che che a me  stessa, donare un sorriso e una parola giusta a tutti.

 

Sono cresciuta in mezzo alla gente.

 

In braccio ai clienti del ristorante; ho imparato prima a sbattere le uova per la carbonara che a giocare con le bambole.

 

in piedi su una cassetta della frutta sottosopra arrivavo alla macchina del caffè dietro il bancone del bar e mentre gli altri bimbi giocavano con la cassa del supermercato di plastica, io davo il resto ai clienti per davvero.

 

Bar trattoria, ristorante poi, bar libreria in ultimo.

 

Lavoro, famiglia legatissima sul lavoro, figuriamoci tra i muri di casa.

 

Infanzia serenissima, viaggi tutti insieme, benessere sotto ogni forma di amore.

 

L’amore mi ha sempre circondato.

 

Il cibo mi ha sempre circondato, avviluppato, tirato dentro.

 

Molto benessere. Tanto amore. Infinito cibo.

 

Ho cominciato ad evitare tutte le situazioni che mi creavano disagio, come tutte le over size; ho cominciato a creare una confort zone intorno e dentro di me.

 

La famiglia, la scuola, lo sport, gli amici, gli amori era tutto così difficile con quel peso, ma ero bravissima a fingere, nonostante il non poter eclissare la mia stazza.

 

Brava a scuola, super sportiva, mi impegnavo moltissimo, figlia modello, amica perfetta, rivale per nessuna.

 

Ero “solo” enormemente grassa. Moby Dick.

 

Sofferenza. Colmare quei vuoti dell’anima con il cibo a dismisura. 

 

Autolesionismo su vasta scala, vastissima scala. 

 

Un suicidio lento, affogata in un mare di grasso. 

 

Si, stavo morendo un po' per volta fisicamente. Psicologicamente lo ero già.

 

Gli amori.  Quasi impossibile parlarne. Anzi impossibile. Non era amore. Ero una BAMBOLA DI GOMMA.

Innamoramenti da togliermi le forze, vissuti solo da me, nelle mie fantasie. Mi hanno sfiancato.

 

Verso la fine del liceo e il dopo, negli anni, ho avuto esperienze senza né capo né coda, senza stomaco sottosopra, senza “brilluccichio” negli occhi: sono sempre stata per gli uomini una “BAMBOLA DI GOMMA”.

 

Non mi sentivo amata, nessuno di loro ha detto ti amo, nessuno ha detto sei bella, nessuno ha detto sei statuaria, sei incredibile, sei il più bel regalo che mi sia capitato.

 

Capivo ovviamente perché, ma oltre alla mia anima bella, anche la mia pelle è sempre stata liscia e vellutata come quella dei bimbi piccoli. Una seta profumata di talco e di sapone buono. 

 

Profumi dolci della mia pelle, che avrebbero fatto venire la voglia a tutti, se non mi avessero visto, di appoggiarmi una guancia sul petto e addormentarsi. Avrei dovuto fare come Irina Palm, prestazioni modificate. Appoggiatevi, sentite il mio profumo: 50 ero per 30 minuti.

 

Quanto l’ho desiderato, quanto l’ho desiderato. 

 

Sono quieta nella mia passione.

 

Sono un mare calmo che in profondità ti dona tutta se stessa, ma devi saperci arrivare; ma tutto quel grasso non ha mai permesso questa immersione in profondità.

 

Il grasso era su ogni centimetro del mio corpo: quella lingua che si infilava dappertutto senza aver voglia di contraccambiare quell’esplorazione; mi dava fastidio essere sfiorata, assumere posizioni non congeniali alle mie paranoie o verità mentali.

 

Sdraiata con la pancia ritirata o in piedi, le mie posizioni.

 

Tutto ciò che differiva da questo, implicava crampi alle gambe o un colpo della strega.

 

Molta rigidità fisica e mentale. Come sempre.

 

Un marea di pensieri viaggiavano alla velocità della luce nella mia testa. 

 

Giravano come un criceto sulla ruota e tornavano sempre allo stesso punto di partenza.

 

Non ho mai chiuso gli occhi, lasciandomi trasportare dalla piacevolezza del momento, Non mi sono mai lasciata andare, ma ho sempre pensato prima durante e dopo.

 

Più che pensato ho vissuto dei veri e propri ragionamenti legati alla risoluzione spiccia di quella situazione così poco gratificante.

 

Le parole sono un’arma micidiale.

 

Storie così. Di una inadeguatezza incredibile. Fatte di illusioni, senza una vera attrazione fisica, tantomeno cerebrale, non sono mai stata vera, mai stata me stessa; ho sempre finto; nessun batticuore.

 

Quel corpo non era il mio. Non mi apparteneva. Io non ero li.

 

Era tanto per.

 

Non mi specchiavo. Non mi guardavo. Non mi amavo. Quella pesantezza apparteneva alla mia esteriorità, ma non quanto al dentro di me.

 

Ho imparato a stare da sola.

 

La mia grande abilità è sempre stata quella di tenere tutto dentro; sorridere per tutti;  più sono giù,  più divento brava a fingere.

 

Hanno sempre pensato che non me ne fregasse nulla del mio essere.

 

Molto più semplice dire “sto bene” che dare spiegazioni sul perché stavo tanto male.

 

Quelle frasi di circostanza… ma sei tanto alta… non hai mai pensato a fare una dieta… però che bel viso…

 

Mi facevano male. Mi facevo schifo.

 

Tutto il resto faceva schifo.

 

Il resto non contava nulla.

 

Avevo il cuore cristallino, ma nessuno riusciva a guardarci dentro, a vedere al di là.

 

Ho alzato dei muri, quanti muri, percettibili al tatto, al riparo dagli sguardi, quanti sorrisi di scherno, quante lacrime inghiottite.

 

Feste con un buffet invisibile. Tutti avrebbero guardato solo il mio piatto.

 

La frustrazione nei negozi. Le commesse inorridite da un film di Lynch.

 

Vaselina tra le cosce a 30 gradi, per non avere ferite a causa del lo sfregamento delle cosce.

 

Bagni al mare con la maglietta sul costume con la scusa della paura delle scottature.

 

In macchina con gli amici, sempre davanti perché dietro, in tre con me non si entrava

 

Stupidaggini agli occhi dei normopeso, ma pesanti macigni da sostenere per le mie spalle, così ingobbite dall’enormità di me.

 

Fuggire. Evitare. Nascondersi.

 

La soluzione era spesso a portata di mano.

 

Impasticcata dall’età di 14 anni: Dietilproprione a manetta, Plegine, Agopuntura, Digiuni dietro ai santoni, Ricoveri in strutture per obesi, in fila alla pesa come carne da macello, con applauso finale se ero scesa secondo le previsioni.

 

Viaggi della speranza di nascosto dai miei genitori alla ricerca di farine magiche. Dita in gola per vomitare. Dieta proteica. Papponi. Minestrone. Barrette. Bendaggi bollenti al peperoncino. Capsule spaziali da cui usciva solo la testa e ti facevano sudare pure le mutande. Herbalife, Weight Watchers, Scarsdale, Zona, Psicologo, Psichiatra.

 

Dottore, visita, dieta, dottore, visita, dieta, dottore, visita, dieta: avanti il prossimo

 

Quante umiliazioni… quanti soprusi senza sapersi difendere…. la colpa era solo la mia che non sapevo dire di no al cibo.

 

Tra le chiacchiere in una notte di pronto soccorso, con gli occhi lucidi una persona speciale e amore della mia vita mi ha confidato ”Quella sera ti ho visto sul divano con una maglietta a righe: eri talmente grassa che ho pensato fosse arrivata la tua ora.; sicura di perderti, mi sono detta che tanto questa non era vita per te, non stavi bene, eri disperata, rassegnata, demotivata; il dolore sarebbe stato solo mio: tu eri comunque già morta dentro e fuori."

 

Ho conosciuto per caso un medico. Era piccolino e gentile. Per la prima volta non mi sono vista così sbagliata. Mi ha tenuto la mano e mi ha detto tranquilla. Questa cosa la facciamo insieme: io servivo a lui: lui serviva a me 

 

Tra noi c’era una forte complicità progettuale.

 

Lui studiava su di me gli effetti di questo nuovo ritrovato: palloncino intragastrico.

 

Si mette per perdere una decina di Kg, perché occupa una parte d stomaco e ti fa avere meno fame. Ne ho messi 8 in totale, prima di arrivare ad un peso idoneo per essere operata.

 

Ho fatto due interventi di by pass gastrico.

 

Altri interventi per togliere la pelle in eccesso dopo il dimagrimento.

 

“Dottore sei l’uomo che mi ha cambiato la vita senza sposarmi”, mi adora quando gli dico così.

 

Tanta paura prima di ogni operazione, paralizzante, ma messa sulla bilancia (tanto per cambiare) la mia non era vita, non era una vita da vivere, era un andare avanti con la solita zavorra enorme.

 

Quante speranze su quel lettino operatorio, le sensazioni erano molteplici: paura di morire, volevo fare e dire ancora molte cose, l’illusione della bacchetta magica.

 

Finalmente ero al posto giusto… al momento giusto …con il peso giusto …fare l’intervento.

 

Un Nuovo Inizio il resto dipendeva da me.

 

Ancora oggi dipende da me

 

Ogni giorno dipende da me.

 

Un giorno alla volta, ho capito di aver avuto un’opportunità per riprendermi in mano la mia vita.

 

Sono io la mia cura.

 

La rigidità non mi appartiene più

 

La leggerezza ha preso il sopravvento.

 

Lo devo ad un Grande Maestro.

 

Mi basta poco per essere felice, quando le stelle sono allineate.

 

Mi sento morbida e fluida

 

Sono tiepida.

 

La Bambola si è sgonfiata.

 

Sono ormai una dolce guerriera.

 

Sono io.