Cervello in Tilt

Nuova Adolescenza

22 Marzo 2018

Nuova Adolescenza

La storia semplice di una sana adolescenza

di Stefano Michelini

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[ INSIDER ANONIMA ]


Il rapporto che ho con mia figlia, oggi adolescente, è un rapporto viscerale, simbiotico; è stato sempre così fin da piccola: ogni sua emozione, ogni suo problema mi è sempre arrivato dritto allo stomaco e al cuore.


Mia figlia è una ragazza forte, fortificata dalla vita, inconsapevolmente.


Come in tutte le famiglie, ci sono stati eventi che ci hanno segnato e condizionato. Un mio intervento chirurgico molto delicato e un’improvvisa tragica perdita in famiglia, oltre allo sbilanciamento emotivo del momento, hanno creato in me il timore ossessivo, che si creasse una frattura nello sviluppo psicologico di una ragazza, che stava iniziando a formarsi come donna. 

 

Mia figlia mi ha sempre sorpreso. Mi sono chiesta mille volte se la sua reazione fosse umana. Mi chiedevo come fosse possibile mantenere quella fermezza d'animo e positività. 

 

Sono certa che alla sua stessa età, sarei di sicuro andata in crisi e ne sarei uscita profondamente turbata. 

 

Lei è sempre rimasta lì a dare coraggio agli altri, soltanto con il suo esserci.

 

Mamma io non piango mai di fronte a niente, non mi commuovo, mentre tante mie compagne piangono anche di fronte a un film e io non riesco. Soffro se c’è da soffrire o mi emoziono come loro, ma dai miei occhi non scendono lacrime e non so perché. Solo una cosa mi fa piangere: quando vedo te, mamma, che piangi. Si sblocca tutto il meccanismo e mi scendono le lacrime e non riesco a trattenerle.

 

La mia adorata figlia è una ragazza a cui non piace omologarsi. É un prodotto non conforme. Ha le sue idee le porta avanti e le difende, e lo fa con convinzione ferrea; non vedo mai sofferenza in questo suo atteggiamento, né tanto meno la vedo emarginata. Lei è Lei.

 

La storia potrebbe finire qui, ma poi ci sono stati tutti i passaggi classici dell’adolescenza, ai quali ho assistito con quella che credevo essere la giusta distanza e che, ora mi diverto a raccontare. Al tempo in cui sono accaduti, essendo simbiotiche, ho invece vissuto tutto quello che ha vissuto lei. Ho sofferto come una bestia.

 

E anche ora, non sono capace di tenere la giusta distanza.


Il primo classico distacco da quella che lei considerava la sua migliore amica, dai tempi della scuola materna, a undici anni, nel passaggio alla scuola media. Mia figlia mi disse che non avrei dovuto iscrivere il nome dell’amica nella lista opzionale della sua classe, come io mi sarei aspettata. Come tutti si sarebbero aspettati. 


Una decisione la sua che mi lasciò di stucco. Le chiesi il perché, se ci fosse stato qualche problema. Lei mi rispose NO.


Io la osservavo e la vedevo come sempre; non notavo in lei alcun turbamento, sapeva schermarsi così bene al punto di diventare impenetrabile; continuava dritta per la sua strada come se nulla fosse successo, come se l'amicizia finita con questa ragazza fosse un normale libro già letto  e da riporre in un cassetto. 


Le sue attività precedevano allo stesso modo: i voti a scuola rimanevano alti, a danza tutto procedeva bene e la sua vita sociale continuava come prima; non c'era stata nessuna flessione negativa.


La osservavo e quasi la invidiavo per come riuscisse, così piccola a mantenere il perfetto controllo della situazione, senza parlarne a nessuno. 


Poi è arrivato il primo vero amore, la gioia i sorrisi maliziosi, lo sguardo imbambolato da ebete, la musica a palla, gli appuntamenti, le prime uscite, il primo bacio, le farfalle nello stomaco e questa esplosione di emozioni risuonava in casa, nella nostra famiglia, nel vederla crescere come tutte le ragazzine della sua età.


Ero talmente coinvolta, che le sue vibrazioni emotive mi attraversavano tutto il corpo: i momenti di felicità immensa riuscivano a portarmi su fino alle stelle e a farmi provare quelle fresche sensazioni, che purtroppo, con il passare del tempo, la vita ci fa dimenticare.


Così mi ritrovavo di nuovo adolescente, in riflesso alla freschezza e alla genuinità di quel suo momento. 

 

Per un anno circa abbiamo vissuto questo idillio amoroso a pieni polmoni e lo abbiamo respirato tutti. Una magica perfezione delle cose che sembrava non finire mai.


Ma come in ogni romanzo adolescenziale che si rispetti è arrivato il colpo di scena: LUI la lascia per un'ALTRA ed ecco che tutta la felicità, tutta la gioia, tutta questa sua e nostra perfezione se ne andarono. Tutta via in un istante. Un dramma collettivo.


Mia figlia diventò, da una roccia imperturbabile, “una tempesta di lacrime e di laceranti torture emotive” con i classici sintomi dell’essere lasciata: completo digiuno di sei giorni, vissuti come una tragedia da tutta la famiglia. Un lutto amoroso anche per me. Come mi avesse lasciato mio marito. Una famiglia di giovani e vecchi Werther.

 

Sono piovuti su mia figlia i consigli di tutti noi per questa grave perdita; solidarietà dalle sue amiche intime, dai compagni di scuola, perfino dai conoscenti più lontani. Io nel pieno del dramma. Da non credersi.

 

Sono stati giorni in cui pareva di stare su una rivista di gossip: è stato detto tutto e il contrario di tutto su LUI, su l’ALTRA, sul perché, sul per come, un altalenante andirivieni di voci e di emozioni, di pianti e di rabbia, che mi hanno vista impegnata in trincea a cercare in qualche modo di risollevare il morale di mia figlia.

 

In questo rappresentazione teatrale, paradossale quanto comune, uno degli episodi più divertenti è stato quando mio figlio è venuto a sapere dell’accaduto; improvvisamente da insopportabile quindicenne, ha indossato i panni del supereroe. In difesa della sorella ha minacciato di andare a cercare il suo ex e di riempirlo di cazzotti. Ne è venuto fuori un abbraccio travolgente tra fratello e sorella, che ormai ci eravamo dimenticati da tempo.

 

Poi la mia bambina ha raccolto i cocci, li ha messi nello zaino eastpack di sedicenne standard ed è ripartita sui binari della sua adolescenza. Primo lutto amoroso rimosso.

 

Due mesi dopo, un classico, LUI è tornato in ginocchio, con le lacrime agli occhi e con tutta la disperazione del mondo.

 

Accecato dalla gelosia, per tutti i social che che rimbalzavano il volto solare e felice della mia bambina, la voleva tutta per sé in seconda battuta.

 

Poi tutto è proseguito liscio: siamo alleate come sempre, ci scontriamo, ho smesso di considerarla e chiamarla la mia bambina. Lei viaggia verso il difficile, ma meraviglioso ruolo di donna emancipata.

 

MORALE: DELL’IMMORTALITA’ DELL’ADOLESCENZA

Oggi, quando ci si lascia, sia tra adolescenti che tra adulti, in realtà non ci si lascia mai. 

 

Ci sono i social a continuare le nostre storie, perché siamo NOI che le vogliamo mostrare attimo dopo attimo; ed è dietro agli smartphone ormai, che consumiamo le emozioni e suggestioni residue: attraverso uno o più “post importantissimi”, una storia o un semplice selfie, l’universo si infittisce di incroci, dove anche a sessantacinque anni ritorniamo adolescenti.

 

Steve Jobs, celebrato per aver cambiato il mondo, non è stato valutato abbastanza in questo lifting cerebrale che ci ha allungato la vita emozionale, quando l’esperienza maturata e la presunta visione globale delle cose ci avrebbe affossato in una morte relazionale anticipata.

 

I social sono la vera chirurgia estetica del cervello: ti possono riportare anche a quattro anni.