Memoria

“Alessandro! Portami via! Qui sono tutti matti!”
BANG, BANG.
Io in piedi sopra il letto, colpisco violentemente il muro. Mi giro. Intorno diversi infermieri accorsi, in posizione d’attesa, come fossi una fiera. Io non ero un tipo pericoloso o violento. Non mi stavo riconoscendo, né avrei voluto far azioni violente contro nessuno.
La prima cosa che mi ricordo è una scena del tutto insolita. In piedi sopra il letto battevo pugni nel muro, chiamando mio fratello per nome per essere portato via da quel luogo in cui mi trovavo con altre persone, ma non ne conoscevo il motivo. Fu mia madre, dopo avermelo ripetuto innumerevoli volte, a farmi leggere l’articolo del quotidiano che mi riguardava. Fu una sensazione insolita scoprire che la vittima ero io. La prima cosa che chiesi fu cosa ne fosse stato del mio esame alla Camera di Commercio. Avrei dovuto sostenere l’esame orale per ottenere il REC e quindi prendere in gestione un bar sulla spiaggia a Lido di Camaiore, visto che lo scritto, ricordavo di averlo già dato. Ebbi subito chiaro che la mia vita era pesantemente cambiata.
“Non ti toccare! Smetti!” Con tono autoritario. Da una donna matura, robusta. Io non ho nessuna immagine di me che mi masturbavo. Mamma mi disse che l’avevo fatto recentemente e che la gente ne era al corrente e ch’era una reazione normale in casi analoghi post coma. Non ho nessuna immagine d’allora, lo ribadisco.
Fino a quando non mi dettero il permesso di rialzarmi dalla sedia a rotelle, ero, mio malgrado, totalmente dipendente dalle altre persone. Poi ci furono le stampelle e poi mi concessero di uscire dall’ospedale, se accompagnato, per qualche ora. A quel punto mi sembrava di essere quasi in vacanza estiva, a pensione. Mi sentivo di nuovo me stesso, anche se con grosse differenze rispetto a una volta. I miglioramenti dal punto di vista fisico e mentale seguivano l’impegno che proferivo.
In un certo senso mi sembrava di essere in caserma, da militare: tante altre persone e regole da rispettare. Vitto e alloggio assicurati. Libera uscita qualche ora (insieme a Dania, la ragazza con cui stavo da qualche anno).
La mia memoria progrediva, ma non era del tutto sufficiente. All’inizio non durava più di qualche attimo, poi sempre più a lungo. Il problema era, e continua in parte ad essere, che il sonno cancellava e cancella la maggior parte dei ricordi.
Al termine della riabilitazione a Barga tornai a casa con i miei. Mi accorsi nitidamente di come fossero cambiate le cose. Non ero più libero: ero tornato in una condizione infantile di figlio immerso nell’amore materno. E non potevo sottrarmene.
Per fortuna, la logopedista, mi invitò a riprendere una piccola attività lavorativa. Mi affiancai a due imbianchini per qualche mese. Poi lavorai per conto mio fino all’estate trattando i soffitti di una casa di tre piani. Tornato a casa è iniziato il lavoro nell’officina elettromeccanica.
Iniziai una specie di riconversione esistenziale.
Almeno mi sembra ad oggi.
L’associazione della mia condizione attuale con lo stato successivo a grossi sballi raccattati a Londra, in particolare, credo abbia fatto riaffiorare la parte psichica che m’ha guidato durante quegli episodi. Voglio dire: in innumerevoli momenti di coscienza ridotta, non sono mai incorso in errori grossolani. Solitamente mi muovevo da solo. Ed allora dovevo avere un ‘pilota automatico’ efficiente, penso. Lo stavo recuperando. La mia testa non funzionava perché avevo assunto una serie di droghe potentissime. L’effetto principale era terminato, ma la ‘botta’ andava smaltita. E ci voleva parecchio tempo. Forse non sarei più tornato. Non mi sarei ripreso. Intendo sottolineare che assumevo un atteggiamento rassegnato obbligato. Lasciavo che scorresse il tempo. Come una piccola imbarcazione di legno disancorata.
Post Scriptum
Papà mi fece una similitudine. “Ti ricordi il film ‘2001, Odissea Nello Spazio’? Ti è successo come a ‘HAL 9000’ quando lo fanno regredire.” Il mio cervello era completamente destrutturato e privo di contenuti. Esattamente quello che sentivo.