Memoria

Mentre camminiamo in un bosco di fine estate, cerco di capire come la sua lesione cerebrale, residuo di un incidente automobilistico, abbia inciso sulla sua capacità di memorizzare.
Lui mi dice che non si ricorda le sfumature. Si ricorda i fatti, ma non il loro contorno.
Penso che sia un dettaglio importante.
Mi racconta di una storia d’amore, ritenuta fondamentale, con lo scandire di un bollettino dei naviganti.
Ascolto.
Continuando ad ascoltare mentre camminiamo, mi rendo conto che non ci sono tutti i difetti di memorizzazione riferiti dal mio accompagnatore. La sua memoria è intatta. Anche nelle sfumature, sulle quali sono ormai totalmente concentrato.
Del bosco mi dice tutto. Si china per raccogliere ogni piccolo oggetto di plastica che trova e se lo mette in tasca. Pulisce il bosco. Non vedo l’accanimento di un attivista ecologico. Piuttosto il pulire la propria camera.
Del bosco e dei boschi di cui mi racconta, le sfumature sono mirabili.
Con una gradazione di percezioni emotive, mi parla della Foce del Lupo. Tono su tono emotivo. Un acquarello di ricordi. Si parla di un’esperienza di due anni fa e non di ieri.
Mi chiedo perché continui ad ostentare un deficit di memoria così particolare, che non esiste.
Mi indica una farfalla gialla ferma su un fiore e sottolinea che mantiene il suo equilibrio sui pistilli con il solo battito delle ali. Anche questa è una sfumatura mirabile del giallo.
Siamo usciti dal bosco. Non mi trattengo dal chiedere se ha mai scritto niente sui suoi problemi di memoria. Si gira verso di me e recita, quella che ho saputo essere una sua poesia.
L’ipocrisia plastificata ottura i pori della memoria.
L’autocoscienza è la libertà della mente.
Cerco di cogliere la sensazione al ritmo della natura intorno.
Sono passate quattro ore e non riesco a pensare ad altro.