Cervello in Tilt

La distorsione dell'immagine

12 Dicembre 2017

La distorsione dell'immagine

Chirurgia plastica e immagine corporea

di Stefano Michelini

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Nel novembre 2017 sono stati selezionati dodici studi, concernenti le caratteristiche psicosociali di quelli che Cervello in Tilt chiama Presunti Sani. Questa categoria comprende tutti quei soggetti,  che non hanno un disturbo psichiatrico conclamato, ma solo lievi sintomi. Individui quindi etichettati sani, ma con un carattere un po’ particolare, nelle varie sue sfumature. 

I soggetti inclusi avevano in comune un interesse accentuato verso la chirurgia estetica, quasi un craving, senza la minima preoccupazione per eventuali effetti collaterali post chirurgici e per il costo della procedura. 

 

Per avere una stima più precisa di quanti bramerebbero uno specifico intervento di chirurgia estetica, andrebbero, secondo Cervello in Tilt, inclusi tutti i soggetti che, per motivi economici non possono farli. 

 

Altra critica a questo recentissimo studio è quello di non essersi addentrata nelle correlazioni età uomo verso età donna, per valutare eventuali differenze significative.

 

Lo studio di questo cospicuo gruppo di presunti sani ha comunque dimostrato un fatto che, dal punto di vista esistenziale, non ci si aspetterebbe: non è è stata riscontrata nessuna correlazione tra l’età, dai 18 anni in avanti, e la scelta di fare l’intervento.

Questo data può essere interpretato soltanto alla luce della maggiore efficacia dei prodotti medici anti-invecchiamento della pelle, che dovrebbe rappresentare la causa di una maggiore richiesta di interventi. 

Il lifting facciale, il più elementare intervento è stato anticipato in media di 5.7–8.3 anni rispetto alle precedenti statistiche. Le persone più anziane tendono invece a curare di più l’elasticità e le altre qualità della pelle con cosmetici, e a posticipare l’intervento per un’operazione chirurgica più radicale, che contempli la missione di una vera e propria seconda giovinezza. 

 

Una correlazione positiva è stata riscontrata tra il numero globale di soggetti che sono ricorsi ad interventi chirurgici e l’indice di massa corporea in qualsiasi età. Questo evidenzia che i passi verso il primo tagliando estetico è generato da una distorsione dell’immagine corporea, che riguarda cellulite nelle donne e ginecomastia negli uomini. 

Tra le motivazioni psicologiche che hanno spinto questi individui ad un desiderio moto intenso di interventi chirurgici, ci cono le relazioni sentimentali disturbate a causa del sentimento di inadeguatezza di spogliarsi o essere avvicinata fisicamente dal partner.

Tra le altre variabili prese in considerazione, sono risultate significative nell’indurre il desiderio di un intervento non strettamente necessario, l’avere un conoscente che lo ha fatto o essere continuamente stimolati nel proprio ambiente di lavoro, da più persone con esperienza di uno o più interventi.

 

Analizzando altri aspetti delle motivazioni psicologiche ad intervenire chirurgicamente su difetti minimi, emerge ancora di più che il desiderio di operarsi è più correlato all’idea di imperfezione da togliere di matrice ossessiva e dall’idea di piacersi di più per se stessi che per piacere agli altri. Si rinnova quindi il tema portato avanti da Cervello in Tilt, che non occorre avere un disturbo dismorfofobico e un’immagine corporea gravemente compromessa, per essere predisposti al desiderio continuo di interventi di chirurgia estetica. I tratti psicologici minori, un tempo detti del carattere o della personalità, sono in realtà sintomi minori di un un disturbo conclamato, probabilmente ossessivo, la cui cura ridurrebbe il tormentato desiderio di farsi continuamente anestesie, visite, tagliare e cucire.

 

Abbastanza paradossale, ma che conferma la teoria dei sintomi minori come spinta propulsiva ad operarsi, è che individui che davvero necessiterebbero di interventi di chirurgia estetica, che soffrono esistenzialmente per difetti oggettivi che riducono l’autostima e la socialità, non si sottopongono ad interventi chirurgici, quando il loro profilo psicologico è privo anche del minimo segno di disturbo.

 

Anche il tipo di intervento richiesto è sotto controllo dai ricercatori, soprattutto da quando si è visto un trend apparentemente inspiegabile di aumento tra mastopatia additiva e suicidio. In questi casi risulta evidente che nessun screening psichiatrico sia stato condotto in accuratezza. Il suicidio, al di là dei tentativi dimostrativi e divenuti reali per caso fortuito, si pone al termine di una depressione spesso di lunga durata e non trattata. E’ molto suggestivo di superficialità nella valutazione psichiatrica pre- e post-operatoria. 

Chi ha condotto studi più accurati, ha infatti trovato tratti psicologici alterati in senso ossessivo nella maggior parte deli pazienti sottoposti a rinoplastica. Con la stessa attenzione retrospettiva, si è appurato che il 90% dei pazienti che hanno eseguito un lifting facciale aveva subito un grave lutto nei 5 anni precedenti.

Questa estesa revisione ha messo le basi per una valutazione psicopatologica più accurata in quegli individui, che frequentano assiduamente, le sale chirurgiche di cliniche private per futili motivi. I dati emersi sono infatti un chiaro segno che il chirurgo plastico ha fatto un’anamnesi psicologica molto superficiale, concentrandosi più sui fattori tecnici che lo riguardavano più da vicino in ogni senso. 

In un futuro prossimo, ci aspettiamo dati molto più precisi sulla tipologia del paziente, sugli effetti psicologici di un buono o cattivo esito dell’intervento e anche della correlazione tra richieste di intervento necessari o meno, status sociale, collocazione e clima lavorativo. Nello stesso modo sono necessari dati sulla qualità della vita prima e dopo un intervento.