Cervello in Tilt

Il senso della vita

7 Aprile 2018

Il senso della vita

La competenza del no

di Giulia Marchi

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Se chiudo gli occhi e corro a ritroso nella mia vita, trovo un dolore, un dolore particolare, come tutti noi, quando prendiamo il treno dei flashback.

 

Mia madre, davanti la porta di casa, che urla e farnetica che se ne vuole andare ed io che con il corpo esile di bambina le faccio da scudo davanti alla porta.

 

È in questa immagine che si racchiude tutto il percorso della mia vita. Ora lo so.

 

Lo percepisco sempre più nitidamente.

 

Forse è proprio da lì che si é innescato il meccanismo che mi ha fatto sempre sentire colpevole e debitrice verso gli altri.

 

Molte cose che ho fatto le ho fatte per loro, per accontentarli in tutto, ma alla fine nessuno mai mi ha ringraziato.

 

Perché, mi chiedo, nemmeno un grazie?

 

Una domanda banale, anche questa che ci facciamo in molti e troppo tardi.

 

Come se fosse scontato ormai tutti continuano a chiedere.

 

Sanno che io sono sempre qua a dire di si.

 

Giocano con il mio senso di colpa.

 

A volte consapevolmente, a volte no, ma lo fanno sempre.

 

Sono diventata una fonte di sì ad oltranza.

 

Sono diventata l’icona familiare delle aspettative, tra un caffè e l’altro servito al bar.

 

Eppure con il mio occhio allenato di barista dovrei accorgermi subito, come quando memorizzo le richieste contemporanee di cinque clienti e ho la macchina del caffè con altri tre ordini in esecuzione. Otto contro uno non mi fanno niente e so dire di no, so differire con il sorriso, so esattamente come comportarmi. Non vado in ansia. Non penso. Non mi irrito.

 

Fuori dal bar, di come io stia, a cosa penso, a cosa vorrei, se sono felice e sono libera, se mi sento appagata, se sono innamorata non è interesse di nessuno.

 

Sono solo caffè.

 

Urlo ma non mi sentono.

 

Sono una presunta sana, come quasi tutti, e il mio problema era il non sapere dire di no. Ora lo so. 

 

Non sono una donna fragile, piuttosto un caterpillar, che fa invece di parlare.

 

Forse è proprio la consapevolezza di essere così forte che mi ha impedito di dire NO. Sono certa di accontentare tutti quelli che desidero, rinforzando il loro buon giudizio su di me, quando in realtà è una dipendenza dal giudizio.

 

Non ho paura di essere abbandonata, ma di essere considerata non all’altezza di sempre, malgrado l’evidenza continua delle mie capacità operative.

 

Io sono un pugile, che picchia tutti. Ma se amo qualcuno e mi viene chiesto “Posso darti un pugno?”  io rispondo sì.

 

Il dolore che sento per il pugno è minimo in confronto al senso di colpa di averlo permesso impunemente. 

 

Negli ultimi mesi, da quando sono entrata nel flusso dei pensieri, proposti da Cervello in Tilt, indipendentemente dagli argomenti, si è accesa come una reazione chimica nel mio cervello, che coinvolge il mio essere verso tutti e mi sembra di avere esteso a tutti la mia nuova visione. Il mio senso tranquillo di dire no, non posso. Come dire tre caffè uno macchiato caldo, due normali?

 

É un piccolo pensiero intimo, ma la mia vita è cambiata.

 

Mi sento Steve Jobs all’Università di Stanford: e mi lascio andare ad un comando interno che ripeto come un mantra.

 

 Dì di NO, Fallo ora, Fallo Giusto.