Cervello in Tilt

Il senso della vita

18 Aprile 2018

Il senso della vita

L'approccio psicologico dello psichiatra del terzo millennio dal paziente al soggetto sano

di Stefano Michelini

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La motivazione di scrivere questo contributo, mi è stata ispirata da una Presunta Sana, sorpresa dal cambiamento del mio atteggiamento terapeutico, quando è passata da diverse fasi di malattia: 

  1. Paziente con un Disturbo Conclamato e Invalidante
  2. Presunta Sana
  3. Riabilitazione alla vita.

 

Faccio un semplice esempio extra psichiatrico per chiarire meglio il concetto.

 

Se un atleta si presenta allo specialista, con un crociato rotto, viene operato in anestesia spinale o totale e deve sopportare un lieve-medio dolore post-operatorio, salvo complicazioni. L’ortopedico, a seconda delle sue caratteristiche umane, può essere più o meno empatico, ma importante è che sappia aggiustare il legamento rotto.

 

Nel periodo post-operatorio può avere un atteggiamento flessibile in relazione alle condizioni del paziente e, come prima, del suo solito essere più o meno empatico.

 

Una volta uscito dal contesto operatorio passa alla riabilitazione  con un altro professionista. Questa fase dura circa sei mesi che, specialmente nei primi in fase iniziale, sono molto dolorosi. 

 

Se il fisioterapista è accondiscendente verso il paziente e la sua soglia del dolore, non fa un buon lavoro, a meno che non ravveda problemi oggettivi sul ginocchio, nel qual caso si deve rivolgere di nuovo all’ortopedico.

 

Ma le lamentele soggettive del paziente non devono essere prese in considerazione, al fine di seguire un protocollo che conduca il paziente stesso alla terza fase di guarigione che è quella del condizionamento organico. 

 

Quindi per saper lavorare, deve spiegare cosa sta facendo, perché il paziente sente dolore, perché quelle attività vanno fatte in quella precisa sequenza, senza impietosirsi.

 

Quindi è normale che il paziente percepisca un cambiamento di atteggiamento tra il frigido o meno chirurgo al demone del fisioterapista.

 

Nel caso della psichiatria, il paziente può rimanere sorpreso in fase di riabilitazione dalla rigidità del professionista, anche se sempre preceduta da una spiegazione dettagliata del perché c’è un cambio di atteggiamento. Visto poi che si tratta dello stesso professionista. 

 

Tutto questo è necessario, perché spesso sono trascorsi anni nel disagio ed è necessario togliere i vizi comportamentali appresi e che possono persistere anche a guarigione avvenuta. 

 

Sulla condotta riabilitativa, il dolce psichiatra diagnostico e ascoltatore, deve essere risoluto nel rispettare i punti convenuti con il paziente, altrimenti lascia un lavoro a metà e si comporta da impiegato statale dell’esistenza.

 

Guarire significa prendere in carico una persona dall’inizio alla fine del percorso, non curandosi della gratificazione del paziente, ma del risultato ottenuto, che in psichiatria è la reintegrazione completa del paziente nella propria vita e con facoltà intellettive aumentate.

 

 

Morale: Sarò prima un ascoltatore e un analizzatore attento di tutta la vostra vita invalidata. Poi sarò un duro riabilitatore. Ma sono sempre quello che vi ha guarito. Se ero simpatico sarò sempre simpatico, se ero antipatico lo sarò ancora. 

Importante è che sappiate che non siete di fronte ad un professionista lunatico. 

Fasi interventistiche diverse necessitano atteggiamenti diversi. 

La guarigione totale si ottiene così e presto ci dimenticheremo dello psichiatra.