Cervello in Tilt

Il senso della vita

12 Maggio 2018

Il senso della vita

Il sorpasso

di Christian Michelini

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E’ facile, e’ bellissimo. 

 

Giorno per giorno. 

 

Un “carpe diem “ che puoi  gridare al vento, fuori dalla macchina.

 

Il viaggio può iniziare, puoi uscire fuori dalla tana. 

 

Il rischio c’è sempre quando esci: è un inciampo annunciato nel percorso che ci aspetta dietro l’angolo, come direbbero gli antichi.

 

In realtà, uscire dalla tana è uno psico-terrorismo di noi 19 enni, Presunti Sani; un attacco kamikaze alla rassicurante quotidianità. 

 

Ma si deve tentare: si possono rilanciare i dadi, aspettare i numeri e, nel frattempo, vivere.

 

No: è difficile. Mi sono sbagliato. Terribilmente difficile sorpassare. Perché siamo nati calmi, narcotizzati nostro malgrado.

 

Sembra di bere acqua e invece assumiamo calmanti molto potenti.

 

Forse siamo nati Trintignant. All’inizio. 

 

Altrimenti non ci si spiegherebbe come è nata l’idea di un film come 2001 Odissea nello Spazio, in cui dobbiamo aspettare 22 minuti prima di ascoltare la prima parola. 

 

Quindi non c’è altra spiegazione di essere nati Trintignant.

 

Forse per i Gassman, per loro era più facile, perché malati e non Presunti Sani. 

 

Mio cugino Stefano, psichiatra, l’ha curato e un giorno lui gli chiese: “Ehi angelo dagli occhi taglienti, sai qual’è la cosa più bella della vita?”; 

 

Mio cugino Stefano rispose “Segnare un goal decisivo all’ultimo minuto”; 

 

Lui rispose: “No mio caro: innamorarsi di nuovo a 70 anni.”

 

Lui era malato non Presunto Sano, per questo se la cavava sempre. Era di denominazione di origine controllata. Millesimato. Curato. Consapevole. Non beveva acqua calmante senza saperlo. Lo sapeva e lo desiderava, per placare la morsa.

 

Anche gli altri, come lui, se la cavavano sempre; se la cavano sempre; ti risolvono la serata e trovano una donna per stanotte. 

 

Ecco, loro sembrano sapere veramente che cosa farci della vita: sanno consacrare il momento, accompagnarlo nel suo esaurirsi. 

 

Noi invece, stiamo lì a studiarlo il momento, a rigirarselo tra le mani, come facciamo con il nostro cazzo sul divano.

 

Noi siamo esperti del guardarlo concludersi senza esserci accorti del suo inizio. L’ossimoro del carpe diem.

 

Oppure abbiamo presunti progetti, presunti orari, vere abitudini.  

 

Può capitarci, però, di sentire la voce che ci chiama fuori la finestra, può capitare di farci trascinare da un Gassman qualsiasi, almeno una volta nella vita, fuori dalla tana. 

 

Può capitare, come un cambio improvviso di stagione, che ci catapulta nella nostra estate piena.

 

Nel frattempo, un purgatorio di riflessioni, un qualcosa del tipo non capire mai il nostro blocco, con il libro di legge aperto a Ferragosto. 

 

Ci tocca chiederci, per lo meno a me, che fine ha fatto la giovinezza alla mia età. 

 

Quella giovinezza, che è sempre sembrata un periodo strettamente coinvolto in una storia di violenza e di viaggio: il nuovo che avanza, evade dall’antico, fa saltare i ponti con lo ieri, uccide i padri. 

 

E’ terribilmente vitale questa violenza, l’unica ammissibile, naturale. 

 

Viaggiare è propio utile, fa lavorare l’immaginazione. “Tutto il resto è delusione e  fatica.“ Scrive Céline.  

 

Dov’è la giovinezza? 

 

Guardiamoci intorno.

 

Guardiamoci allo specchio

 

Nessuna voglia  di Orizzonte o d’America. 

 

Solo un passaggio di anni avvolti in una plastica per proteggere, immortalati da foto per cartoline. Magari per alcuni anni bui e  per altri soltanto difficili.

 

Ho l’impressione che questa calma, questa nostra forma di auto protezione, questo nostro continuo sacrificio di agnelli alla paura umana, lentamente, come un veleno somministrato nei pasti, a dosi ridotte, quotidianamente, come una sostanza cancerogena, nelle mura della  casa in cui ci rifugiamo, stia uccidendo quel che è importante in noi. 

 

Ci stiamo privando della vera vita.

 

E’ veramente difficile, altro che seghe. 

 

Vediamo sempre meno Gassman e i Trintignant ormai, non si ricordano più di uscire, perché morti, ma dopo avere provato il sorpasso.

 

Ma è questo, è questo, che deve esplodere come il nostro più intimo proponimento, la nostra aspirazione: uscire, uscire dal Purgatorio, va benissimo l’Inferno, come il Paradiso. 

 

Aspirare alla conoscenza che deriva dallo spostamento degli orizzonti, dal vivere sensibilmente il nostro viaggio. 

 

Risvegliare un Odisseo dantesco, che scappa volontariamente da Itaca per non tornarci più e lasciare Penelope a fare e sfare la tela, fino a quando le sue dita sanguinano e cadono a terra. Recise.

 

Può capitarci un Gassman una volta nella vita. Si dice così. Metafora del treno che passa una volta sola. Cazzate. Ogni giorno ne passano. Siamo noi che balocchiamo..

 

Voglio che la strada si apra a me, spero nell’abbandono più totale, spero di non andare a letto presto. Aspiro a ciò, aspiro, per una volta almeno, alla pienezza, al rigoglio di me stesso, accettando il rischio di una curva a Calafuria, il suo Amen spettacolare, oppure se ci va bene, scrivere un libro come Keruack .

 

Ci ripenso: è facile. 

 

Spengo la televisione, è tardi, sono stanco. Il “Sorpasso” va guardato di notte.

 

Ho il cervello combattuto tra la spinta vitale violenta e un retrogusto alla malinconia. 

 

I demoni buoni che combattono in noi e che ci impongono, a seconda di chi prevale, un diverso schianto non schianto con la vita.

 

Io voglio essere entrambi, voglio rapinare tutte le esperienze, voglio sentirmi totale ambiguità e purezza.