Cervello in Tilt

Il senso della vita

16 Maggio 2018

Il senso della vita

Baliandro con la luna

di Stefano Michelini

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GIORNO 1

 

Arrivo, primo giorno.

 

Volo: 15 ore.

 

Tutto perfetto.

 

L’ho preso come un giorno di riposo.

 

Per chi non soffre di mal d’aereo, se ti togli dalla testa gli orari, un giorno in aereo con i mangiarini, i film, la musica (ho ritrovato Mozart) è come un giorno di ferie a casa.

 

L’unica cosa negativa è che si dorme male da seduti in economic, ma se fossero questi i problemi sarei la donna più felice del mondo.

 

La prima occhiata: ambiente e mio figlio Alessandro, alias Alex, Bryan Finch, perfettamente mimetizzati nell’atmosfera

 

Un anno e mezzo senza vedere Ale. 

 

Fa male, ma fa bene. Sapete cosa voglio dire. Quel languore del tempo che passa senza la persona a cui tieni di più e ti tiene viva.

 

É come avere uno strumento in testa ogni giorno diverso dentro la testa, che non ti abbandona mai.

 

Sono apparsi strani piccoli uomini dalla pelle scura ma non troppo, buffetti, magrini,  

 

Ale li conosceva tutti, uno era il tassista:  “Alex, Alex” e lui urlava mammacumammacu

 

Poi l’abbraccio. 

 

Un abbraccio non ancora cosciente, pervaso di affanno emotivo post viaggio.

 

il percorso dall’aeroporto al residence di Ale è stato per me una sorpresa.

 

Terzo mondo pieno, quasi quarto, nuova visione.

 

Banchetti colorati,  direi baraccopoli, gente allegra, pieno di scooter, traffico tipo Napoli, benzina venduta in bottiglie di plastica; nessun cenno di quella che chiamiamo civilizzazione.

 

Tuttavia ogni tanto case con accenno di  architettura induista e vegetazione meravigliosa che irrompeva da ogni parte; fossi non bonificati; Ale fra entusiasta e commosso di presentarmi la sua nuova terra.

 

Ad un certo punto si esce dal traffico, si entra in una stradina già più tranquilla, che apre in un piccolo paradiso di piante, piscina, casine di legno: la sua casa, conosco il suo gatto che si chiama Allora, e qualche amica, ma in poco tempo è già subito sera.

 

Vedo un insieme di piante verdissime illuminate da luci, incorniciate in strutture raffinate.

 

Mi rendo conto subito che la cultura Induista ha radici profonde che esprimono raffinatezza in ogni sua forma.  

 

Luna piena: un regalo. 

 

Quasi subito sera e quasi subito cena.

 

Io e Ale soli nello spazio con i tavolini, gli affettati scampati alla dogana, mi accorgo che non riesce più a mangiare le grandi quantità di cibo che avrebbe divorato in Italia, perciò pur apprezzandoli fino alle lacrime, si rassegna ad un “non ci sono più abituato”.

 

Seguono buoni e genuini discorsi e la consapevolezza di esserci ritrovati dopo un anno e mezzo ci pervade e si accomoda finalmente. Era da un po’ che aspettava.

 

Fino al primo vero abbraccio, lento, struggente.

 

Poi, subito a letto, dopo avermi illustrato il programma dettagliatissimo che ha accuratamente preparato giorno per giorno.

 

Non ci posso credere.

 

Buonanotte  andiamo a letto alla svelta: che non si abbia a pretendere di più da un giorno così e non si abbia a rompere l’incantesimo che piano piano si era creato. Non osavo sperare che sarebbe durato fino all’ultimo giorno e che ora, mentre scrivo, a distanza di quindici giorni dalla partenza, ho sempre dentro.

 

                                   

 

Giorno 2

 

Mi sono svegliata alle 9,30, ho dormito dodici ore senza pensieri, non  ricordo nella mia già lunga vita di avere mai passato una notte di riposo così profonda.

 

Dalla mia finestra della camera mi appare gradatamente tutto il verde, mi pare di essere in un’altra dimensione. Sono in un’altra dimensione.

 

Barcollo ancora di sonno per i vialetti, nella mia camicina da notte. 

 

Lo incontro e mi chiede, senza pietà se a Lucca la mattina incontro sempre il Ricci e il puzzo dei cani della Barbara. Non sono riuscita a liberarmi di questo contrasto sensoriale per  almeno  quindici minuti.

 

Conosco tutti gli abitanti del “paradiso”: gente speciale, giramondo, non turisti, ma veri viaggiatori come si precisa nel film “Il tè nel deserto”. Ognuno con storie tutt’altro che banali.

 

Tra loro atmosfera familiare, gli amici di Ale parlano un inglese perfetto ma con accento duro tipo neri d’America da strada. Sono uno spettacolo di gioventù e energie, profondamente belli in tutti i sensi.

 

Percepisco che Ale ha avuto un ruolo importante nel costituire questa famiglia e che è un riferimento emotivo per tutti. 

 

E’ solo il primo giorno ma le sensazioni sono così chiare e forti che immagino la mia vecchiaia qui.

 

Colazione spettacolare ai tavolini.

 

 Ale è il boss: ha il Suo tavolino e tutti lo rispettano.

 

L’ho convinto a prendermi un dolcino. Lui la mattina mangia cose tipo verdure, zuppa vegetale, riso. Per quanto pratichi la MT, questo è troppo anche per me, ormai viziata all’occidente.

 

Ale entra nel suo ruolo e inizia a lavorare.

 

È uno spettacolo: parla in un inglese perfetto con gente di tutto il mondo, non si rende conto, del livello al quale è arrivato in termini di competenze imprenditoriali indonesiane e asiatiche in genere, ci è arrivato gradatamente. 

Non ne è cosciente.

 

Ma io si, lo percepisco tutto insieme, come un bicchiere di acqua fresca nel deserto, quello della sua complicata adolescenza. Complicata, un eufemismo.

 

Penso anche che l’ultimo granello di DNA, rimasto di mio padre, festeggia tutto l’orgoglio delle ultime tre o quattro generazioni di “Lazzari”.

 

Per me è un momento storico, che Stefano definirebbe Storico-Biologico.

 

Tuttavia, capisco subito che interferire nel suo lavoro e nelle sue cose sarebbe stato molto negativo e questa intuizione, mi rendo conto adesso con il senno di poi, ha contribuito a rendere questa vacanza eccezionale: sono sempre rimasta nel mio.

 

Mi ripropongo tuttavia di migliorare il mio inglese soprattutto a fine scuola, a questo punto diventa urgente.

 

La cosa ancora più grande, ancora più del lavoro (che  non è poca cosa): è di  avere costruito o fortunatamente incontrato (credo più al merito di Ale che alla sorte) questa  “famiglia” di persone, in parte abitanti nel residence e in parte fuori, inseriti in questo gruppo intimo di persone fra le più vere e autentiche che ci si possa immaginare (si cercano controllando finché non siano tutti arrivati alla sera), che hanno il merito di avere obiettivi comuni condivisi e vivere la vita allegramente, ma con impegno.

 

Mi sono innamorata facilmente di Anna, Francesco, Jacher, Isio, in particolare di Cristina e ringrazio in un Dio a cui non credo, di averli conosciuti.  Un grande arricchimento per me.

 

Questa felice scoperta mi ha regalato una serenità che da tanto serbavo, ma non osavo considerarla meritata: Ale finalmente tra gente vera; ho sempre creduto in lui anche nei momenti difficili, pur intervallati da dolore puro, ma certo non sono la sola ad averci creduto e ad averci sofferto.

 

Stasera conta solo quello che ho dentro, il risultato di tutto di addizioni  e     sottrazioni .

 

La luna ancora bella  piena nel cielo terso Balinese, qui fa scuro presto.

 

Ce la faranno giornate così piene a riempire tutte quelle vuote?

 

 

 

 

GIORNO 3

 

Mi sono svegliata di nuovo tardi, con uno strano rumoretto ripetitivo nelle orecchie: era la scopa rigida dei gestori del residence che spazzava tra i vialetti fra le casine. 

 

Il cervello è collegato con le bellezze simili e così mi è tornato in mente il rumore del falcetto di “Santi”, il contadino di Castelvecchio che lavorava all’alba, quando dormivo li con Stefano da giovanissimi fidanzati.

 

Iniziata la nuova giornata: tutti si ritrovano a colazione si raggiungono livelli di cordialità, che la famiglia del Mulino Bianco se li sogna in pubblicità impossibili.

 

Ale mi ha portato alla sua palestra, mi stupisco ancora una volta dei diversi ambienti, baracche, residence, palestre perfette tutto a distanza di pochi chilometri. Mi trovo davanti la piscina dei miei sogni, nuoto da sola.

 

Partiti per Ubud.

 

Si parte in scooter come due ragazzini, consiglio acquisto mantelle per la pioggia…

Si arriva in un albergo (Fibra Inn Hotel) che posso dire tranquillamente una delle cose più belle che ho visto nella mia vita.

 

Ringrazio Ale e Ste che mi hanno forzato a partire per Bali.

 

Non aggiungo foto perché l’atmosfera, gli odori, i colori, l’aria che c’era sono marchiate a fuoco nel mio cervello. La più incisa, una di Ale che lavorava dopo cena davanti alla camera.

 

Per la prima volta, quel giorno ho toccato la cultura orientale, TUTTO l’induismo, tutta la differenza tra noi e loro.

 

La mattina prima da sola, poi con Ale per i banchetti a comprare cosette. 

 

Avevamo una strategia, naturalmente messa a punto da Ale, io dovevo stare sull’uscio del negozio, come se stessi per andare via in fretta, Ale trattava sul prezzo e io dovevo fare sempre cenno di no con le braccia e dirgli di venire via, fino a che il prezzo era così diminuito che mi vergognavo a farlo continuare. Rido nel pensare che Stefano avrebbe fatto lievitare il costo di dieci volte, con il suo fanciullesco entusiasmo che gli si disegna negli occhi se una cosa gli piace. 

 

Davanti ad ogni negozietto, casa o anche dentro l’auto, tutte le mattine mettono un piccolo cestino pieno di fiori e frutta, io credevo fosse una donazione per la loro religione, invece è per il diavolo, che mangiando si distrae dal fare del male. 

 

Poi sono i cestini per il tipico cane balinese. Sono tutti uguali dimensione tipo Zeta ma chiari, fanno fuori e giocano con cestini, ma non importa, perché il diavolo c’era passato prima; vivono per la strada liberi, nessuno muore sotto le macchine infatti sono quasi tutti vecchi.

 

Ecco. Tutto qui. Meraviglioso.