Cervello in Tilt

Gioco d'azzardo

2 Settembre 2017

Gioco d'azzardo

Analisi psicopatologica del giocatore d'azzardo

di Stefano Michelini

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Il vero punto sensibile dell’universo-scommesse è lo scommettitore stesso, di qualsiasi età, genere e condizione sociale. Individui con disturbo da gioco d’azzardo sono sensibili anche nella loro condizione fisica: hanno una scarsa salute in generale e utilizzano i servizi medici in maniera rilevante. Tachicardia, ipertensione, gastrite, colite e angina, sono più comuni tra individui con disturbi da gioco d’azzardo che nella popolazione generale e di solito abusano di tabacco per attenuare l’ansia dell’attesa del risultato della scommessa. Gli individui con disturbo da gioco d’azzardo sono pazienti psichiatrici e hanno alti tassi di uso di sostanze, disturbi depressivi, disturbi d’ansia e i così detti disturbi di personalità. In alcuni individui, altri disturbi psichici possono precedere il disturbo da Gioco d’Azzardo Patologico ed essere sia assenti sia presenti durante le varie fasi della malattia; in rapporto temporale invertito, il disturbo da gioco d’azzardo può verificarsi anche prima dell’esordio di altri disturbi mentali.
Il fattore specifico di sensibilità del giocatore sta nella predisposizione ereditaria a sviluppare un assetto psicologico particolare, che lo rende vulnerabile a ogni tipo di abuso. I problemi legati al gioco d’azzardo sono più frequenti nei gemelli monozigoti che in quelli dizigoti e il disturbo da gioco d’azzardo ha una maggiore prevalenza tra i parenti di primo grado d’individui con disturbo da uso di alcol moderato o grave rispetto alla popolazione generale. Negli alberi genealogici è ben individuabile un fattore genetico predisponente all’abuso in genere e alla sottostima del rischio. Un bisnonno alcolista può avere in discendenza parenti alcolisti e o giocatori d’azzardo, e o tossicodipendenti e o soggetti coinvolti continuamente in risse e o piloti di formula uno. La predisposizione genetica determina una specifica organizzazione neuro-chimica cerebrale, che a sua volta determina uno specifico assetto psicologico; un determinato assetto psicologico incontrerà il suo specifico demone e ne diventerà dipendente. Non ci sono distanze spaziali e temporali che lo possano proteggere. Solo la configurazione caratteriale ne farà uno scommettitore normale o patologico. L’ambiente, inteso come marginalità e sottocultura, influisce sul pieno sviluppo di una predisposizione tanto quanto un alto tenore di vita. In anamnesi remota, i giocatori d’azzardo erano spesso bambini molto spericolati da piccoli; raccontano storie che indicano chiaramente un continuum delle condotte limite. In psicologia generale si parla di adolescent limited e in psichiatria si parla di disturbi di personalità borderline, che configurano quadri clinici già rilevanti, per quanto clinicamente imprecisi. In realtà sono sempre più spesso rintracciabili, nella storia del giocatore d’azzardo, tratti caratteriali più sfumati, molto al di sotto della soglia di rilevazione clinica. Si parla di configurazioni caratteriali di spettro, che consentono al soggetto di funzionare socialmente e produttivamente, salvo involversi poi in una patologia francamente degenerata delle condotte di azzardo. Il confine tra normalità e patologia comportamentale è quindi molto sottile, sia nelle personalità a rischio sia negli scommettitori patologici. Senza ricorrere ai criteri diagnostici della psichiatria ufficiale, il gioco d’azzardo è da considerarsi patologico quando genera condizionamento, disagio e paralisi esistenziale. Se la scommessa inquina la percezione della qualità della vita a livello relazionale e lavorativo,
lo scommettitore ha varcato il limite. È un uomo che non governa più la propria vita. Ha incontrato il suo padrone e ne è diventato schiavo, a causa della matrice ossessiva del suo cervello, intessuta in un assetto neuronale incapace di gestire il controllo degli impulsi e di valutare le conseguenze di un’azione.
Il profilo caratteriale di un giocatore d’azzardo non può prescindere da una matrice ossessiva, espressa come un tratto di spettro (subclinico) o come un disturbo conclamato. Le manifestazioni che ne derivano sono il pensiero coatto e il pensiero magico, con la superstizione esasperata, il facile attecchimento di rituali, come il sentire i numeri vincenti, la “slot calda”, il bar vincente, il tempo di gioco giusto e molti altri, che i giocatori patologici conoscono. Vista la frequenza di concomitanza tra i tratti ossessivi e il gioco d’azzardo patologico, questo assetto psicologico potrebbe derivare da geni ereditati in blocco e portatori delle due disfunzioni.
La matrice ossessiva non basterebbe comunque a generare un giocatore d’azzardo patologico. Lo spettro ossessivo puro conferisce al carattere una rigidità decisionale estrema, che se espressa pienamente, impedirebbe al giocatore di infrangere regole morali, sociali e di diventare schiavo del vizio. È necessaria la presenza di un fattore caratteriale coesistente, di una comorbilità come si dice in termine tecnico.
Il valore negativo aggiunto è l’assenza di una corretta valutazione del rischio. Il giocatore patologico che varca la soglia di un’agenzia, minimizza il rischio di una perdita che avverrà sicuramente nel breve, nel medio o nel lungo periodo. Il rischio correlato a un qualsiasi evento, in assenza di abuso di sostanze, è valutato dal nostro cervello sia in modo cognitivo sia sulla base dell’umore. Un soggetto con un basso quoziente intellettivo, a causa di difetti congeniti o acquisiti (traumi, ictus, altre malattie varie), è un soggetto portato ad una interpretazione parziale degli eventi in genere e del rischio in particolare. In associazione a un tratto ossessivo, tenderà a reiterare il proprio azzardo senza la possibilità di una valutazione delle conseguenze. Questo tipo di assetto psicologico genera un giocatore di azzardo che non ha nemmeno sensi di colpa eccessivi, sempre nell’ottica di una sottostima intellettiva.
Diverso è il caso di un giocatore con quoziente intellettivo nella norma. Il fattore scatenante questa volta è umorale. L’umore elevato, anche di poco, spinge l’uomo ad agire con un ridotto calcolo del rischio. Più elevato è l’umore, più è ridotta la percezione del rischio. Questa è un’esperienza facilmente riscontrabile ogni volta che beviamo alcol in eccesso. L’alcol non innalza il tono dell’umore, ma ottiene lo stesso risultato indirettamente, riducendo le inibizioni comportamentali. Leggermente euforici per il bere, possiamo dire cose sconvenienti, scrivere messaggi telefonici che non scriveremmo mai, guidare autoveicoli in modo spericolato. Nello stesso modo, un paziente con il tono dell’umore costantemente elevato può avvicinarsi a ogni tipo di scommessa come se niente fosse. Se non ha una componente ossessiva ritualistica, la condotta a rischio legata al gioco può essere episodica. Se invece è presente, l’associazione dei due tratti porta alla reiterazione costante della giocata. Alle perdite di denaro, questa volta, fanno seguito senso di colpa e frustrazione che hanno comunque una durata limitata. Il tono dell’umore alto riporta presto il giocatore nella convinzione certa di vincere, negando il rischio di una nuova perdita.
Le due variabili di assetto descritte possono anche essere combinate e, in questo caso, il profilo psicologico sarà di un soggetto con deficit intellettivi, umore elevato e ossessivo, con un aggravamento potenziale del quadro clinico in generale e specificatamente dell’azzardo.
Su questa base, esiste sempre la possibilità di un concomitante abuso di sostanze e di condotte antisociali. L’alcol più della cocaina e degli psicostimolanti rende il soggetto più vulnerabile al gioco e alla tentazione. Cocaina e psicostimolanti incrementano molto il livello energetico e il soggetto non ha la pazienza di stare a lungo di fronte ad una slot o studiare le possibilità di vincita di un cavallo o di una squadra di calcio. L’alcol invece disinibisce e rende il giocatore più nostalgico e indulgente verso se stesso. In quel momento, milioni di alibi consolatori lo spingono ancora a giocare, perché è in cassa integrazione, perché la moglie è noiosa, perché la vita è una sola e va vissuta fino in fondo senza regole. L’alcol ammorbidisce il meccanismo coatto del giocatore d’azzardo e lo rende un triste poeta alla deriva dei numeri.