Cervello in Tilt

Disabilità

20 Novembre 2017

Disabilità

La terapia dell'autismo

di Stefano Michelini

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Dell’autismo sappiamo solo la derivazione greca autós, sé stesso.

In linea con la tendenza generale di tutte le malattie, siamo passati ad una definizione di Disturbi dello Spettro Autistico.

Questa diversa prospettiva medica non è solo semantica: ogni malattia è un puzzle che contiene in considerazione le seguenti variabili:

 

  1. Un nucleo stabile di sintomi che costituiscono la malattia principale
  2. L' eventuale presenza di uno o più disturbi; eventuali sintomi di altri disturbi, che possono essere a carico dello stesso organo o di un organo diverso
  3. La precocità della diagnosi e delle terapie (se note)
  4. Gli aspetti genericamente chiamati psicologici
  5. L’ambiente in cui il paziente vive (culturale, economico, igienico, relazionale (sia in senso affettivo, sia in senso di comunicazione). 


Questa nuova prospettiva, rende ragione, per esempio, del fatto che un soggetto affetto da polmonite possa apparire diverso da un altro soggetto con polmonite, a causa delle eventuali variabili patologiche associate.

A maggior ragione, la definizione di Spettro, è pertinente nelle patologie relative ai processi cognitivi, emozionali, affettivi che coinvolgono la stanza dei bottoni: il cervello.

A maggior ragione, se si tratta di un bambino dove tutto o quasi tutto è plasmabile.

Fatta questa introduzione, torno ad essere un padre oggettivo, oltre ad essere uno psichiatra esperto fin da quando ero bambino. 

Il titolo ironico di questo mio scritto desidera essere un contributo alla consapevolezza di tutti i genitori con figli autistici.

L’autismo è un buco nero del quale non si conosce diametro, profondità e tutte le altre caratteristiche fisiche di un’entità spaziale. 

Pensare ad un protocollo terapeutico di un buco nero è pertanto ridicolo.

 

Nonostante tutto, dall’età di un anno e sei mesi fino a 3 anni e 2 mesi, ho utilizzato tutte le terapie che si consiglia fare: integrazione senso-motoria, metodo DIR piuttosto che ABA, relazione, musica aliena in cuffia.

 

Non solo, essendo un neuroscienziato, che crede nella intensità e nella qualità terapeutica, mio figlio ha fatto sei ore al giorno di terapia. Oltre alle sei ore ho inserito una mia variante, la piscina, al ritmo di due ore al giorno. Il totale sono quindi 8 ore di terapia al giorno, 6 giorni su 7, con i migliori specialisti del mondo, sempre in terapia con lui come da protocollo. Mia moglie, io, o tutti e due.

Verso la fine del luglio 2017, nel corso di una seduta, in cui vedevo mio figlio, completamente ricoperto di schiuma da barba, scivolare su un piano inclinato, come faceva quasi ogni giorno, mi sono svegliato di colpo: si tentava di riorganizzare le giuste sequenze di un cervello con la schiuma da barba Noxzema al cocco, altalena, amaca, rispettare routine (e questo lo posso anche capire) e altre faccende simili. 

Si cercava di riempire un buco nero con la schiuma da barba e con l’attivazione del sistema vestibolare.

Ho sorriso a me stesso. Ho pensato alle docce gelate ai malati psichiatrici, al coma insulinico, alle catene, alla lobotomia. Come se il cervello fosse pelle da raffreddare o un paziente in coma diabetico o un pazzo selvaggio a cui asportare una parte di cervello.

Ho sorriso a me stesso e nel lasso di tempo di cinque minuti, sono tornato neuroscienziato, uscendo dall’ottica del genitore che crede nell’acqua benedetta al cocco, sia pure aspersa da professionisti eccellenti.

Ho pensato alla definizione di Autismo: autós = sé stesso. I 5 minuti di riflessione sono scattati da lì. I bambini autistici puri, senza interferenza di altre malattie, sono l’essenza di loro stessi. Sono alieni, che se la ragionano dentro, con le normali sequenze dei coetanei, ma sono immuni da qualsiasi input esterno che non dia loro gioia pura e di conseguenza motivazione.

Nel secondo minuto, per puro caso, lui coperto di schiuma, con gli occhi, mi ha detto:

“Papà ma che cazzo mi fai fare? Se vuoi, se volete che ve lo faccia, ve lo faccio, d’altra parte sono autistico, ma vi assicuro che di tutte queste minchiate mi importa una sega e non mi mettono certo voglia di essere uguale agli altri bambini, che giocano e urlano e dicono muori al papà, fingendo di essere indiani e te devi cascare colpito dalla freccia, se no ti fanno un casino della Madonna. Papà ti do un consiglio: fammi fare qualcosa di divertente, queste son tutte matte. Io vengo da un altro pianeta.

Precisamente voglio:

 

  1. Divertirmi
  2. Essere coccolato da mamma
  3. Correre
  4. Essere lasciato da solo senza altri nanetti intorno
  5. Che non mi si metta mai più schiuma da barba addosso o annaffiare piante che non ci sono, con degli annaffiatoi fatti a forma di oca
  6. Giocare a quello che cazzo mi pare, anche se è girare un filo per mezz’ora. Non è come giocare a carte due ore di fila? E allora perché l’asso di picche sembra Dio e il mio filo il segno che sono handicappato?
  7. Trovatemi uno sport che mi piaccia, mi sfinisca di stanchezza e che mi faccia addormentare in macchina se ho sonno.
  8. Voglio tutte le cose della Apple e sentire le canzoni che mi scelgo e no dieci volte "Wiskey il ragnetto", ascoltato dal CD, cantato dalle terapiste e poi mimato dalle terapiste stesse: la storia dell’idiota di un ragno, che sale cinque o sei volte su una montagna mentre diluvia e sa che che in cima c’è una strega che lo vuole mangiare.
  9. Voglio innamorarmi ammodo, anche se sono piccolo. Mamma e un’altra donna almeno


Papà, ci manca che tu diventi vegetariano e poi non ti riconosco davvero più. Sei diventato un babbeo, pesi 100 kg, sei simpatico da morire e mi ami, ma ti fai inculare da tutti”

I cinque minuti sono finiti. Ho dato una svolta a tutto questo non sapere.

 

Ora Raffaello va in piscina, sorridendo, facendo quello che fa un delfino, ama e bacia la sua sirena della piscina, poi succo di frutta in macchina se gli va, relazione con noi se gli va, dormire se ha sonno.

 

Nel frattempo, io peso 74 kg, da 100 Kg che ero, come a 32 anni, sono l’uomo più felice del mondo e sono un alieno educato a forza di botte da mia mamma. Ma dentro io sono come Raffaello.

 

Lui avrà una vita migliore perché gli è già permesso di essere diversamente abile: parcheggia dove gli pare, passa i varchi nel centro di Roma, prende 500 euro il mese e non deve dimostrare niente a nessuno se non a se stesso. 
Io, invece, che sono come lui, ho dovuto imparare a fare come gli altri senza privilegi.


Questo buco nero non va riempito di schiuma, ma di amore vero, quello che penetra, quello impegnativo e gratificante. E vuole una piscina a 33 gradi e stare sott’acqua o baloccare, guardando gli altri nuotare.

 

Per ora questo Raffaello detto Gaucho ha portato amore e nuove prospettive di vita a tutti noi intorno.

 

Grazie Alieno. 

“Papà scusa, ma mi sono dimenticato una cosa importante. Non parlo, ma se voglio dire Ti Amo o Difendermi so farlo. Buonanotte prendi le gocce e dormi un po’ anche te”