Cervello in Tilt

Amore e altre Dipendenze Senza Droga

9 Febbraio 2018

Amore e altre Dipendenze Senza Droga

Zona Espansione Nord

di Stefano Michelini

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ARCANGELO GABRIELE

Sei bello. Mi giri intorno. Non sai nemmeno tu cosa vuoi. Io sono già stata annunciata. Io ho già bevuto il mio latte nero. Non servi. Non serve la tua aria da saccente. Io so già. Mi tocco la pancia. Tesa. Sette mesi. Non sento muovere niente. Sarà vivo? Dormirà? Sarà morto? Sarà fatto della mia Lei? Della mia Lei? Dimmelo tu angelo saccente. Sei bellissimo. Vorrei lucidarti le ali. Toccartele. Darti ordini. Mettiti in ginocchio. Sdraiati. Canta per me. Presentami Dio. Presentami gli amici di Dio. Hanno niente per me? Sono belli come te? Conosci Giuda? Cosa ne ha fatto delle trenta monete? Io tradisco gratis. Appena il mio ragazzo gira l’occhio. A volte non occorre nemmeno che lo giri. L’ho già tradito prima che si giri. Mi basta uno sguardo. Mi bastano le mie manine d’angelo, non pensare di averle solo tu. Le mie sono più morbide delle tue. Nel mondo reale non faresti niente. A chi vorresti annunciare frocetto con le ali? Ti sputerebbero addosso. T’inculerebbero contro un albero. Ali aperte e inculato. Forse saresti contento di un po’ di marcio terreno. Nella mia pancia non si muove niente. Sette mesi che aspetto.

 

MARIA CALLAS

Fatta e strafatta ho ascoltato l'Ave Maria. I miei Angeli m’indicano sempre la via. Oggi mi hanno indicato di ascoltare l'Ave Maria di questo Verdi. Canta una bella donna. La mia Lei mi ha già messo in paradiso. Oggi ti sento e vorrei che tu avessi questa voce graffiata e dolce, come sono io quando mi sbatto tuo padre. Ti accarezzo, senti la mia mano? La senti la voce di questa cantante? Sembra la mia Lei, non so se è la mia Lei. E' roba che si scioglie amore mio, qualcosa che mi riempie tutta con una dolcezza infinita, che non da colpi, che mi riempie tutta in un calco tiepido. Il mio cervello è pieno di questa roba. La guardo. Sono strafatta marcia, quasi da ammazzarti bambina mia, ma a me questa donna sembra bellissima. Ha occhi lunghi e profondi. Ha scopato Satana sicuro. La sua voce mi ha portato fuori pista, le ho creduto. Ma non fa differenza per me. Rimane bellissima. Vorrei baciarla, vorrei averla a letto con me, vorrei sfilarle la collana di perle e farmi truccare.

 

ADAM LAMBERT

Adam mi fa stare buona. È il fratellino che vorrei avere sempre nel letto. Gli toglierei i piercing uno per volta e disinfetterei ogni suo piccolo foro. Uno a uno con pazienza. Poi disinfetterei anche gli anelli e li metterei ad asciugare. Non avrei bisogno di niente a questo punto. Entrare nel letto, come una diciasettenne normale nel letto del suo fratellino maggiore. Noi abbiamo l’abitudine di dormire nudi. Vorrei tanto abbracciarmelo tutto, ma con il pancione rimango troppo distante e ho paura che gli faccia schifo. Metti che questa bambina si muova proprio stasera che dormo con Adam. Allora mi giro sull’altro fianco e mi faccio abbracciare. Mi passa un braccio di sotto e uno di sopra e mi stringe a sé. Nemmeno nel più bello dei sogni avrei potuto immaginare questo momento di quiete. Un Cristo bambino bianco latte e truccato che mi abbraccia. Mi tocco la pancia tesa ed è meravigliosa come una mongolfiera. Non riesce a staccarsi in aria, rimane incollata alla sua mamma. Sono i miracoli di Adam, sono miracoli e basta.  

 

EVA

Nella sottile linea rossa si è infranta Eva. Troppi errori. Uno dopo l’altro. Poetici. La prima bugia, la seconda, la terza, il serpente intorno al collo, il romantico sogno di un clamore. Una bambina perfetta la mia Eva. Cresciuta dal caso, alta, stratosferica, aliena. Ha camminato sospesa per 14 anni. Poi si è infranta nella sottile linea rossa. Un agguato di perché e di confronti impari. Un diario preciso al dettaglio, un diario vuoto. Porcellana pura vissuta tra i maiali ha cominciato a dire no a tutto. Avrebbe detto no anche all’aria avesse potuto. Gli errori partono dalla negazione di un’evidenza. La logica di un busto stretto da causa ed effetto. Insopportabile.

 

ZONA ESPANSIONE NORD

Ci siamo spostate qui nella terra del niente. Dentro siamo un quartiere di anime perse. Il vocabolario è il nostro, non ci sono margini per un’interpretazione sbagliata. A 31 anni sono madre di una figlia di 14. Mia figlia si chiama Eva e ha la voce di Maria Callas. Esce in questa rarefazione sfatta dove si trovano ancora uomini veri. Tutti abbiamo strappato i fili del burattinaio che ci teneva sospesi. Eva canta per noi evasi. Non esce sempre. Un licantropo anomalo interpreta la luna in un codice sconosciuto anche a me che sono sua madre. Impossibile dirimere il male dal bene. Qui siamo in uno stato d’animo non in un luogo fisico. Come una sonnambula Eva cammina e canta e distrae gli uomini veri che non dormono mai. Pensano appoggiati ai muri. Il sole del mattino li ritrova orrendi, cicatrizzati di vite altrui. Vivere come se non ci fosse un oggi. 

 

ACIDO 

La bocca di Eva è come preghiera. S’intrippa nelle sue congetture di no che continuano senza speranza. La mia gravidanza di diciassettenne tossica in un giardino botanico. La mia Lei è Eva e Eva ha ormai un suo lui. Gli occhi ruotati allo sbando, scrive la sua versione del diario di Marco Polo. Rotte inaccessibili che portano tutte alla Zona Espansione Nord. Qui si balla alla sera senza musica, intorno ad un lampione o in processione dietro una fila di cani che somigliano agli uomini veri e che ci fanno confondere. Si entra dentro qualsiasi porta e ci sdraiamo. Eva mi abbraccia e mi dice no, non se ne parla, sono senza voce, ho cantato e viaggiato tutta la notte. Non li hai visti i velieri?

 

IN STRADA

Sei ancora disabile nella mia pancia Eva e tuo padre ubriaco di bamba mi ha preso a calci in mezzo alla strada. Passanti come carte veline. Mi sono rannicchiata ma ti sei presa dei calci anche tu. Il mondo dei tossici microcefali è questo. Le botte sono il vocabolario del disaccordo. Mamma l’ha sorpreso da dietro come una tigre e l’ha pestato a sangue. In terra tuo padre piagnucolava sotto i tacchi 12 sulle mani. Calci nelle palle e nello stomaco. Mamma conosce il vocabolario delle pantere che vedono la prole in pericolo. Ominide di nessuna consistenza la guardava incapace di farsene una ragione e gli arrivavano puntate di scarpe nel viso. Gli ha sfatto il naso di botte, il regalo di tua nonna prima che tu nasca. Il tuo primo bavaglino all’uncinetto.  

 

GIROTONDO

Sei nata nel circo dei tossici di buona famiglia. Chi è sano si prodiga. Chi in testa ha solo il volersi rifare, cerca un nuovo inizio tra chi si prodiga. Tu vai a latte e metadone, sono una brava mamma ormai. Le attenzioni su noi due ci lusingano, troie cediamo ai loro sorrisi e al perdono di tutto quello che abbiamo fatto e che facciamo ancora. Con il tuo scudo Eva ho l’assoluzione. Non mi sembra vero. Mi ci sdraio, pensando alla prima pera da perdonata. Deve essere come riprenderlo dentro tornate vergini. Farlo con tutti intorno che guardano, stralunati dal tuo vagito. Un bel buco slacciato. A quando il primo ricatto? Non devo tradirmi, ma mi tradisco per via di tuo padre. A volte penso di essere innamorata del suo essere ottuso e ignorante. Non capisce niente tuo padre Eva. Mi attrae questo bassofondo di uomo. Abituati Eva, se mai lo conoscerai. La rabbia mi monta al cervello e gli spacco un piatto nella faccia. Tutti i sani ci vedono e guardano perplessa i genitori disadattati che siamo noi. Siamo da assistenti sociali. Questa la clausola del perdono che non avevo letto. Ora siamo sotto osservazione e tuo papà confinato a casa sua, con il passo per le visite per te in mia assenza. Hanno deciso che insieme non possiamo vederti. Senza la mia Lei, sono un verme e accetto mansueta. Con il chicco del metadone mi chetano. Lo denuncio io tuo papà? Che faccio? Lo denuncio perché è scemo? Io lo perdono e lo faccio santo con il mio sesso che gli vado a dare nel suo confino. Schiaffi e cazzo, il nostro amore marcio. Lo denuncio Eva? Che faccio? Se poi mi pento il giorno dopo cosa faccio? Giro tondo amore, ecco Eva, un bel giro tondo, casca il mondo e tutti giù per terra. Non si salva nessuno con noi instabili. 

 

SERATA

Sono libera stasera. Il piccolo uomo di tuo padre è al confino. Denunciato. Interrogato. Allontanato. Mi chiedo quanto mi fanno stare nell’oasi di mamma e nonna. Ti girano intorno come ostetriche matte. Stasera ti lascio al loro manicomio d’amore. 

 

SERATA

Il chicco di metadone mi rende disadattata ormai. Non ho l’ossessione di questi che mi ballano intorno. Sono maschio stasera. Sono un maschio normale, cerebroleso, incapace di discernere oltre il suo cazzo. Sono io che normale disadattata vado in caccia. Vorrei portarti un bel trofeo. Il più tronfio, il Narciso marcio di turno. Mi avvicino e mi allontano mi avvicino e mi allontano. Mi allontano. Manca a me stessa l’ultimo spunto.

 

ALBA

Sei in camera di sua altezza la saggia. Ti prendo e ti porto nel mio letto. Non ho trofei. Sono sobria. Sono normale. Sono la mamma di Maria Callas. 

 

REHAB

Mi hanno agganciato sulla mia minima parte sana. Era tutto diverso questa volta. Una suite d’albergo improvvisata ad ambulatorio. Una suite triste sul verde pesante. Ho raccontato perché non lo so. Non mi hanno detto nemmeno torna.   

 

REHAB

Sono tornata. Stessa suite. Stesso verde. Tu Eva, otto settimane di attecchimento. Si dicono cose e mi chiedono se il chicco basta. Dico di no, mi manca la botta. Sono sciatta. Uno scricciolo con una minima parte sana, sconosciuta anche a me. Mi hanno preso per quella minima parte sana e con progressivi gradi di rotazione mi hanno ribaltato su un fianco, esponendo il marcio. In una suite verde pesante mi sono ritrovata in verticale. Una minima parte di giovane adulta fresca nel mezzo del marcio di una putrefazione avanzata e contagiosa. Sono uscita in questo stato.

 

REHAB

Sono tornata. Stessa suite. Stesso verde. Continuo con il chicco e senza botta. Torno a casa. Nessuna speranza, nessun pensiero. Vado perché rido un po’ del mio marcio. Si parla di cazzi e di scopate. Li faccio ridere con la mia esperienza. Esco come sono entrata. 

 

REHAB

Esco come sono entrata.

 

ONASSIS

Eva è entrata. Quando il sipario si è aperto era un mantice di musica perfetta. Provata e riprovata in casa, in giro per le stanze. Nemmeno la capisco la tua voce. Non ho i codici della felicità semplice. Di fatto comunque m’invadi. Hai drogato tutti di te. Quando passi silenziosa tutti sentono la tua voce che entra dentro le molecole e le spacca. Quando il sipario si è aperto volevi liberare il tuo orgasmo trattenuto. Aria come sperma fresco al sapore di castagna. Ti è rimasto lì nella gola questa volta. Hai inghiottito. Ti ho visto deglutire dall’ultima poltrona della galleria. Davanti a te le rose rosse riempivano il teatro e ti zittivano. Una marea odorosa di un unico colore. Mi rovesciavo la pelle dal volere essere i tuoi occhi. Di lui non t’importa niente, non occorre che mi spieghi. Nemmeno delle rose. Nemmeno di questa immensità di rose. Non hai riferimenti da donna. Il tuo riferimento inconsapevole è il canto cui ti sei aggrappata per crescere nel porcile. Nelle note non ci sta niente se non la tua sensazione di respirare e di essere viva. Tutto questo rosso oggi ti fa sentire per la prima volta unica. Riscatta il mio disallineamento di madre marginale. Riscatto tutto il marginale che siamo ai bordi dei marciapiedi smurati dello ZEN. Il tuo canto stride di questa zona limitrofa alla vita quanto al non essere. Oggi le rose stridono per te di rosso ciclo. Puntute nei gambi di spine si affastellano nei palchetti.