Amore e altre Dipendenze Senza Droga

BRAIN STORMING NELLA CITTÁ PROVVISORIA
Siamo in otto credo. Intorno ad un tavolo ovale. La città provvisoria, questa volta, è una collezione incredibile di quadri.
Appoggiato per terra una rappresentazione de Il Volto Santo, che non riesco a smettere di fotografare con il cellulare. Maleducatamente, ma qui si può.
Io parlo quasi esclusivamente di Paolo Sorrentino. A tratti di Lynch. A volte non ci ricordiamo i titoli di alcuni film meno noti, ma molto importanti.
Sono sfatto dal ritmo e dagli eventi degli ultimi venti giorni, ma non sopporto di non ricordare i titoli di film, in cui è stata detta almeno una cosa interessante.
I miei due interlocutori, uno alla mia destra e uno alla mia sinistra, parlano di cinema da prospettive diverse, ma convergenti. Mi piace.
Da lontano mi arrivano le conversazioni degli altri. Tutte interessanti e ironiche. Mi piace. Non avrei mai creduto.
Dietro di me Il Volto Santo. É lui “L’uomo in più”.
Le solite divergenze, non approfondite su “La Grande Bellezza”.
Le solite convergenze, approfondite, su “Le Conseguenze dell’Amore”.
Il taccuino con i fogli gialli su cui Toni Servillo scrive: “Programmi per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’Amore”. Lui le ha già ampiamente sottovalutate mentre le scrive. É come un epitaffio di un uomo che ha già ceduto alla confusione tra amore, istinto e risposta a provocazioni a sfondo sessuale.
Mentre parliamo, io ormai sono Toni Servillo, proprio quando scrive sul foglio – Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’amore –.
Sono una macchina da guerra che ricicla milioni e quando voglio truffo la banca stessa e obbligo i banchieri a contare a mano valige intere di banconote. Non parlo mai e tutti i mercoledì alle dieci mi faccio di eroina, della stessa dose, della stessa qualità. Tutti gli anni mi faccio un riciclo di sangue nuovo in una clinica svizzera per sentirmi puro. I miei giorni scorrono uguali, identici, senza plagio alcuno, senza interferenza alcuna, con la ghigna di assassini intorno.
Poi, il virus dell’amore. Dell’amore più fasullo che esista. Una ragazza fresca come neve sprizzante latte. Una ragazza fresca senza capo né coda, che solo si impunta di farmi saltare. Non gli importa un cazzo di me, solo di farmi saltare. E non molla. Ma io non parlo, io non rispondo ai suoi sguardi, alle sue provocazioni, al suo cambiarsi la camicetta lasciando la porta dello spogliatoio un poco aperta per vederne il reggiseno bianco. Io non la guardo mai. Non la saluto mai, per mesi, per anni. E lei non molla. Mi vuole fare saltare. E alla fine mi fa saltare.
Di fronte alla mia consapevole indifferenza, prende l’iniziativa più marcata e ne fa una questione di educazione. A voce alta ne fa una questione di educazione. A me che sono un signore pagano che vive e respira lo stesso alito della mafia. A me che sono il contabile della mafia. A me che vivo integerrimo al confine e che riciclo il nettare della mafia. A me che sono a cavalcioni sul collo della bottiglia della mafia. A me che sono l’estuario della malavita che sbocca impalpabile nel mare dell’ortodossia. Io sono qui e domino tutto. Ma lei non molla e ne fa una questione di educazione e questo non può farlo e io ci casco. Ci casco come se non avessi fatto altro che vivere per aspettare questo momento. So che ci casco e ci casco. Lo scrivo anche – Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’amore –. Ma ci casco e voglio cascarci e lo desidero ardentemente. Voglio l’amore fasullo. Voglio perdermici a bracciate, e salto dai miei schemi, tutti i miei meccanismi saltano e divento un uomo ridicolo, di quelli che acquistano cabrio fiammanti all’amata e sono romantici con arretrati incalcolabili di romanticismo inespresso e che procedono con lei a fianco, con il fascino eretto dell’età e di quello che ci sarà sempre. Tutto saltato dentro di me, procedo ebete verso la mia morte. Ma dignitoso non dico una parola perché già lo so.
Il resto del tempo della cena scorre bene, ormai fuori dal cinema. Seguono riesumazioni di rapporti sepolti vivi e spiegati a distanza di tempo. Le argomentazioni sono tutte non banali. Assenza di luoghi comuni. Bene. Leggerezza non di bollicine. Anche se ce ne sono.
Sono molto stanco, ma arricchito e vicino al recupero della mia linea stabile che da anni tenevo fino a quindici giorni fa.
Quando tutti abbiamo trovato un ambio spazio di uscita dalla città provvisoria, due frasi sanciscono degnamente il triplice fischio finale dell’arbitro: L’invidia del Ciclo e Distrazioni Anatomiche.
La prossima volta che mi troverò nella città provvisoria ne parlerò, se ne troverò ancora traccia.