Cervello in Tilt

Ansia e Insicurezza

23 Maggio 2018

Ansia e Insicurezza

Indecisione

di Stefano Michelini

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Arrivai col mio bel mazzetto di rose rosse.
Suonai.
Il portone si aprì.
Presi le scale di corsa ma poi rallentai, ricordandomi dei fiori. 

Ripresi le scale con passo leggero. 

Forse l'emozione.
La porta era chiusa.
Strano.
Un po' lì impalato.
Bussai timidamente con il pugno sinistro semiaperto.

Nella mano destra tenevo i fiori.
Nessuna risposta.
Bussai più energicamente, questa volta con la destra, i fiori li avevo passati nella sinistra.
Nessuna risposta.
Origliai con l'orecchio appiccicato alla porta.
Origliai per cinque minuti.
Silenzio assoluto.
D'istinto lasciai le rose sullo zerbino. Distese.
Feci due passi indietro per vedere l'effetto.
No, sembravano proprio buttate lì.
Alzai il mazzo e lo appoggiai alla porta.
Solita manovra per accertarmi dell'effetto.
Sembravano fiori deposti su una tomba o all'ingresso di una cappella mortuaria.
Li tolsi.
I fiori di nuovo in mano, l'impressione che la confezione si dilatasse nelle mie mani. Un ingombro ormai.
Tutte queste procedure mi fecero sentire ridicolo. Ero assolutamente solo, niente di cui vergognarmi. Eppure mi sentii ridicolo, così ridicolo che ripresi il mazzo di rose e scesi le scale di corsa.
A metà rampa sentii la tua voce e la porta dell'ascensore chiudersi. 

A volte si fanno cose senza senso.
Tornai indietro neanche fossi un ladro.
Con il mio bel mazzetto di rose rosse, salii al piano di sopra. 

I tuoi passi, le tue chiavi nella porta, la porta aperta, la porta chiusa.
La luce spenta sulle scale.
Il mazzo di rose tra le gambe, come un pene sfiorito. Come un pene spinoso.
La luce spenta delle scale.
Esci di nuovo, mi trovi per caso, sempre seduto per terra di fronte alla tua porta.
Le rose ancora tra le gambe. 

E tu che ci fai qui?
Ti aspettavo
Non mi hai sentita entrare? 

No. Ogni falsa risposta mi allontanava da te, per cui decisi di non risponderti più.

E queste rose? Ehi, e queste rose? Ehi dico: abbiamo perso la lingua? 

 

Parlare con te era come fare uno slalom speciale, il rischio di saltare ad ogni frase. 

 

 

Due settimane dopo mi presentai con un pacchettino blu e una fedina d'oro con dentro inciso NESSUN' ALTRA. 

 

Subito dopo l’antipasto, sull'onda dell’aperitivo, trovai il gesto.

 

Con disinvoltura, cercai il pacchettino blu nella tasca sbagliata; era nell’altra, ma non per questo piccolo contrattempo la mia sicurezza perse consistenza.

 

Alzando gli occhi mi resi conto che eri sparita.

 

Ti vidi dieci metri più in là, di spalle, la tua splendida schiena nuda, una V imperiale, mentre ti avvicinavi alla toilette, sistemai il pacchettino blu vicino al tuo piatto.

 

Aspettai paziente e trepido il tuo ritorno, ma un attimo prima che tu riapparissi in sala, il tutto mi sembrò di nuovo appeso in aria, in equilibrio instabile, lo ripresi in fretta e invece di infilarmelo in tasca mi sembrò più sicuro gettarlo per terra.

 

Con calcetti veloci lo allontanai, assicurandomi che sparisse sotto il tavolo.

 

Da allora non ti ho più visto, pur pensandoti ogni giorno.